Ponte sulla Cassia, la pazienza è finita (e guadiamo nella melma)

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—lP—

di Jori Cherubini

Il prossimo 4 ottobre, non mancano due mesi, sarà un anno dalla chiusura al traffico del ponte sulla Cassia. Un collegamento strategico per unire le città di Viterbo e Siena. Un tratto fondamentale, oltretutto, per collegare le imprese della zona industriale del Paglia al nord della Toscana, e d’Italia. Un anno di disagi, costi, scomodità, di ritardi e consegne mancate, e ancora non se ne viene a capo.

Stamattina, giorno feriale, siamo andati sul posto per osservare lo stato dei lavori. Ebbene. Abbiamo trovato file di automobilisti increduli (specialmente francesi e inglesi); così ci siamo dovuti improvvisare ausiliari del traffico dando indicazioni per raggiungere le varie mete (Manciano, Orvieto, Acquapendente). Sopra tutto non abbiamo visto un camion, non una scavatrice, e nemmeno mezzo ingegnere o uomini dell’Anas con la zappetta. Niente di niente. Tutti in altre faccende affaccendati. Ci siamo trovati quindi a osservare uno stato di abbandono e incuria. Dove sprezzanti del pericolo gli automobilisti sono costretti a guadare il fiume fra rami, pietre e insidiosa fanghiglia. In calce potrete scorrere la galleria immagini. Sono passati più di sei mesi da quando lo scorso 30 gennaio una delegazione – composta dal Presidente della Provincia (Fabrizio Nepi) insieme a esperti, tecnici e ingegneri – si era recata sul posto per un sopralluogo che nelle intenzioni doveva essere risolutivo. Nell’occasione molti giornali, compreso il nostro, riportavano una dichiarazione dello stesso Presidente: “Il ponte riaprirà entro l’estate”. Ma ad oggi i lavori sono praticamente fermi. La previsione del Presidente, ottimistica e poco prudente, sarà verosimilmente disattesa. Infatti è del tutto improbabile che la situazione possa tornare alla normalità da qui a fine settembre; e l’inverno è dietro l’angolo.

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Le ultime notizie risalgono al 1 giugno, allorché il Presidente della Regione Enrico Rossi rispondeva a una sollecitazione del Segretario Pd di Abbadia San Salvatore Paolo Rappuoli, in cui assicurava un milione di euro “già stanziati” per risolvere il problema; e comunque garantiva la creazione (provvisoria) di un bypass per permettere ai camion e alle tante autovetture di attraversare il tratto critico. Sono passati due mesi e ancora non si vede nulla di concreto. In un editoriale, lo scorso 17 agosto, abbiamo scritto che non ci pesa ricevere e smaltire le 100 t. giornaliere in arrivo dalla Calabria. In cambio però ci aspettiamo un comportamento pragmatico e risolutivo, che risarcisca, almeno in parte, gli sforzi sostenuti.

Poi c’è l’esempio di Osaka. Giappone. Un ponte crollato dopo un violento terremoto. Sei giorni e gli ingegneri della società Nexco sono riusciti a ricostruirlo. Più bello di prima. Funzionale e pronto all’utilizzo. Ma sappiamo che in Giappone la burocrazia non incolla le pagine dei provvedimenti una sull’altra; e similmente al nord Europa, dove i ponti, specialmente in Svezia (ricordiamo il quasi miracoloso Oresund Bridge, inaugurato nel 2000), 20130720-cruise-4924sono dei capolavori di ingegneria. Il fine giustifica i mezzi, lo diceva un toscanaccio come Machiavelli. Ma l’insegnamento lo hanno carpito altrove, noi invece di guardare a Svezia e Giappone copiamo il meridione d’Italia, dove le infrastrutture non decollano e rendono le regioni ancora più povere.

E’ un problema non solo nostro. In Sicilia stanno vivendo un caso analogo che riguarda il collegamento fra Palermo e Messina, e Catania. L’A 19. Il ministro dei Trasporti Graziano Delrio in quel caso, dopo un sopralluogo, ebbe a promettere una riapertura in tempi brevi (già scaduti). Mal comune mezzo gaudio? Nemmeno per sogno. Qui siamo in una delle regioni più ricche d’Italia, certamente fra le prime dieci in ordine di Pil, quindi ci si aspetterebbe da parte delle istituzioni, Provincia e Regione in primis, un comportamento avveduto, o almeno una vicinanza ai cittadini, un comunicato, una lettera, una presa visione. Qualche rassicurazione già basterebbe. Invece, a fronte delle ripetute proteste da parte della cittadinanza e dei lavoratori ivi coinvolti, ancora non si hanno previsioni concrete. E guadiamo nella melma.

Galleria (clicca sull’immagine per ingrandire):

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Foto copertina e galleria: JC. Altre foto, partendo dall’alto: progetto del Ponte sullo Stretto di Messina; in basso Oresund Bridge, Svezia.

Commenti

2 commenti a “Ponte sulla Cassia, la pazienza è finita (e guadiamo nella melma)”

  1. Carlo

    Considerando una visuale più ampia, io aggiungerei che l’Italia è l’unico paese che paga una moltitudine di tasse atte a finanziare una classe di incapaci burocrati il cui fine programmatico è quello ci complicare la vita proprio a quei cittadini che pagano il loro stipendio. La politica certamente ci mette del suo e non credo che il governatore della Toscana sia una volpe, piuttosto un coniglio nelle mani dei suoi burattinai di partito, ma in ogni caso anche i politici sono spesso impastoiati tra le grinfie dei burocrati. La soluzione ci sarebbe, ma per attuarla occorrerebbe una presa di coscienza da parte di tutti i cittadine, affinché se ne ricordino nel segreto dell’urna.

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