“La versione di Balilla” sulla Postilla Amiatina

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medioevo

—P—

di Antonio Pacini

Ista cartula est de caput coctu ille adiuvet de illu rebòttu qui mal consiliu li mise in corpu

La Postilla Amiatina, nota d’orgoglio badengo alla quale si ispira il nostro giornale, risale al 1087 e come sappiamo ha dato un contributo primario all’origine della lingua italiana. Come dice il nome La Postilla è un’annotazione finale di un atto notarile di donazione studiata negli anni da vari linguisti che ne hanno decretato l’importanza e analizzato l’affioramento del volgare. Agli interrogativi che ancora rimangono aperti sul tono e sulle allusioni che avrebbe voluto fare, forse in forma non ufficiale e quasi confidenziale il suo autore notaio Raniero, ha voluto dare una risposta anche Balilla Romani (collaboratore di questo giornale). Appassionato di tutto ciò che riguarda tanto il badengo quanto la storia locale ed essendo stato a contatto con personaggi di un’Abbadia in cui ancora si parlava un linguaggio non troppo dissimile al medioevo.

slide_11Balilla riesce a intuire con abilità il senso di certe antiche parole che un linguista, per quanto bravo e titolato, può faticare ad associare. Per esempio il significato attribuito a parole come caput coctu e rebottu potrebbe essere diverso. Il tanto dibattuto Capocotto nella versione più ufficiale equivarrebbe a “testa calda”, ma un badengo che si rispetti una “testa calda” la chiamerebbe piuttosto “cervèllu bbacàtu” , termine più vicino al latino cerebrosum. Il soprannome di cui era in possesso il nostro Miciarello (l’autore della donazione) potrebbe attribuirsi piuttosto a una sua propria caratteristica fisica causata forse da un’ustione a seguito per esempio di un incendio (cosa che un tempo avveniva assai comunemente per via della presenza dei tanti seccatoi).

Una volta chiamarsi per soprannome era molto più usuale di oggi senza che nessuno se ne risentisse troppo, anche se questo fosse stato per caratteristiche fisiche. La seconda parola che per Balilla ha un significato diverso da quello attribuitole come abbiamo detto è rebottu e su questa l’ipotesi ci convince ancora di più. Gli studiosi della Postilla convengono che per certi versi rimane un documento enigmatico ma la versione che ha preso per la maggiore, oggi considerata in qualche modo ufficiale, è del prof. Ruggieri. Egli con una dotta dimostrazione fa risalire rebottu addirittura al francese rebaud quindi alla parola latina ribaldus, che significa dissoluto o scialacquatore, ma anche maligno o diavolo. Secondo il Linguista il notaio Raniero avrebbe udito tale parola da qualcuno dei vari pellegrini francesi che percorrevano all’epoca la Via Francigena, a valle di Abbadia.

Lo studioso non poteva sapere però che nel nostro dialetto stretto, dal medioevo e fino a poco tempo fa, la parola rebòttu significava “rivoltato”. Quando uno diceva “sò tuttu rebòttu” voleva dire che si sentiva – o era stato messo – tutto sottosopra. E qual è tutt’oggi il contratto notarile di cambiamento di destinazione di proprietà di un bene? La voltura. Miciarello era andato proprio a fare una voltura, cioè a intestare, rigirare, i suoi beni alla Chiesa e la parola corrispondente quindi era con ogni probabilità rebottu. Se la versione tradotta attualmente ha questo senso:

«Questa carta è di Capocotto/ lo aiuti da quel ribaldo/ che gli mise in corpo un cattivo consiglio »

senza eccessivi stravolgimenti diventerebbe: “Questa carta è di Capocotto, lo aiuti (ora) chi gli mise in corpo il cattivo consiglio di quella voltura”.

slide_8Perciò non sarebbe il ribaldo, il diavolo o un amico scialacquatore, ad aver dato il cattivo consiglio a Miciarello ma qualcun altro. E questo qualcun altro per Balilla va ricercato in un monaco dello stesso monastero il quale uscì senza dubbio beneficiato da tale voltura. Ora il monaco che gli aveva dato tale “mal consiglio” in caso di bisogno avrebbe dovuto dargli almeno un aiuto. Naturalmente non sappiamo con certezza la verità ma ci fa piacere che ci sia ancora qualcuno che la cerca e che studia un documento di quasi mille anni fa fornendo tuttora nuovi elementi di riflessione. Un testo che gli italiani non conoscono bene eppure è anche grazie ad esso – un cardine assieme al Placito di Capua e all’Indovinello Veronese – se oggi parliamo questa bella lingua e ad altri “minori” fra i quali un “liber regis” sempre “Made in Abbazia” (è clamoroso eppure è così). Come se non bastasse “la Postilla”, essendo composta in versi e non derivante da esigenze pratiche bensì espressive, è la prima poesia in volgare nella storia della penisola italica e Raniero il primo verseggiatore.

universita_cultura_e_sapereIl dialetto badengo è dunque molto più di un semplice dialetto. E’ stato forse l’alba dell’Italiano al tempo in cui il monastero era veramente un grande centro culturale, oltreché spirituale. La nostra Postilla, oggi all’archivio di Stato di Siena, è un ulteriore motivo di appartenenza che sarebbe un sogno se ritornasse fra noi, a casa sua. La fierezza del popolo di Abbadia cominciò a cedere proprio a causa della soppressione dei suoi beni economici ma più ancora simbolici che l’avevano accompagnato fin dalla nascita. Riportando almeno in parte quei simboli è come restituire una nuova e antica dignità di cui abbiamo imperiosamente bisogno per curarci da questa continua sottostima di noi stessi. Un passo avanti, però, sta per essere finalmente compiuto con la rivendicazione di Abbadia a “Città della Bibbia e delle Fiaccole” e con il rientro nell’itinerario della Via Francigena; ma dovrà essere il primo di un cammino verso la rivalutazione collettiva del  paese e soprattutto del suo simbolo principale attorno al quale è ruotata ogni vicenda, ogni storia, e vi sono comparsi più di un documento importante per l’umanità (sì, per l’umanità): il Monastero del Santissimo Salvatore al Monte Amiata.

Per questo motivo siamo consapevoli, insieme a Balilla e a molti altri, che all’Abbazia non manchi assolutamente niente e abbia tutti i requisiti per entrare a far parte di quei siti italiani da mettere sotto la protezione dell’UNESCO. A un progetto così si presenteranno senz’altro delle difficoltà ma è anche grazie a queste che abbiamo in passato dato origine a vere conquiste e innovazioni, le quali ora ci consentono, appunto, di giustificare con pieno titolo l’eventuale candidatura per tale riconoscimento. Pensiamoci. Intanto buone feste a tutti e soprattutto buone Fiaccole, quelle vere (diffidare dalle imitazioni).

Riferimenti: “La Postilla Amiatina” Fiora Bonelli – Amiata Storia e Territorio

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Commenti

6 commenti a ““La versione di Balilla” sulla Postilla Amiatina”

  1. Antonio

    Grazie Tonino. E’ sicuramente un’ipotesi che arricchisce le conoscenze sulla Postilla Amiatina. Tanti Auguri anche a te!

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  2. paolo

    forse c’è un problema: non è REBOTTU la forma badenga, ma REBOITTU.
    è vero che Rainero non era un linguista e poteva trascrivere in forma approssimativa…

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  3. balilla romani

    Paolo, non “reboittu” ma “rebòjlttu”. Il notaio infatti, non essendo ancora molto evoluta la lingua, NON ha saputo esprimere graficamente il fonema. Comunque, se proviamo a sostituire la “b” con una “v”, cosa, del resto molto comune anche tutt’ora in badengo, si vedrà chiaramente che si potrà leggere: “revòjlttu” o rivòjlttu”. Che è molto assai più vicino al verbo italiano “rivoltare” che non al francese rebaud quindi alla parola latina ribaldus, che significa dissoluto o scialacquatore, ma anche maligno o diavolo. Poi, c’è anche una logica in tutto questo; ossia: Il soprannome giustifica la donazione e il tenore della stessa, giustifica ampiamente la Postilla. Che, tra l’altro, a parer mio non si può dire nemmeno postilla, ma più propriamente “commento” o, addirittura “sfogo” di un galantuomo.

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  4. emilia santella .

    buon giorno che dire ho letto una volta il commento e capisco che l’italiano lo deve anche ad Abbadia .Ai frati del convento e hai pellegrini che passarono da li .ho capito che BALILLA ROMANI è UNO STUDIOSO e fa bene ad insistere.fatevi ridare da Siena i documenti che sono vostri e dell’amiata tutta Entrare nell’unesco varrebbe a salvare la nostra montagna magari dal diavolo della geotermia non so se ho capito bene,saluti EMILIA SANTELLA

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  5. balilla romani

    Già altre volte ho dovuto correggere l’errore: NON E’ UN LIBER REGIS, infatti, ossia un insignificante
    “libro del re” ma un LIBER LEGIS. Un libro “della legge” cioè che in materia legale fece testo fino a tutto il ’600. E, poi, riguardo a rebòttu ho l’avallo di una Lucia Lazzerini accreditatissima linguista dell’Accademia della Crusca.

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