Fiaccole: le migliori, uniche, originali sono solo quelle di Abbadia. Diffidare dalle imitazioni

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—lP—

di Jori Cherubini

Non ci volevo credere. Allora mi sono tolto gli occhiali e stropicciato gli occhi. Eppure, inforcatoli di nuovo, c’era scritto proprio così: “tradizionale fiaccolata la più bella dell’Amiata!” (senza virgola e con punto esclamativo a rafforzare la sicumera). Riportato tutto su fogliettino rosso natalizio diramato dalla Pro loco di Santa Fiora (vedi sotto, clicca per ingrandire).

Come se noi, qui ad Abbadia, scrivessimo, dovendo ipoteticamente pubblicizzare i nostri larghi: “Piazza Fratelli Cervi la più caratteristica del centro Italia” o ancora “Piazza della Repubblica gioiello architettonico a cielo aperto la piazza più strabiliante della Toscana”. Ecco. Niente, per carità, contro Piazza Fratelli Cervi o Repubblica, e nemmeno in verità contro le “fiaccole” altrui, però bisogna prima di tutto conoscere i propri limiti, avere cura dell’onestà intellettuale, della verità, che è sempre anche bellezza, e soprattutto del lavoro degli altri, e non ultimo, della Storia. La storia che racconta ovviamente una verità altra. Una verità scolpita nella memoria.

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Una verità che, come tutte le verità, ha a che fare, appunto, con la bellezza. La bellezza di una tradizione magica e unica che si tramanda ininterrottamente da secoli da una generazione all’altra. Una verità che ha a che fare con la liturgia cristiana. Una verità strettamente connessa all’attesa della Nascita. Una festa dove si intonano le pastorelle e si beve vin brulè, dove l’amore sacro porta a spasso l’amor profano, per dirlo col Poeta.

E soprattutto costruite (da giovani volontari, non da operai del comune) con una sagacia unica, con tecnica sapienziale, senza usare chiodi, fil di ferro o altri aggeggi che denunciano in chi li usa la totale estraneità alla Tradizione; facendosi dapprima bestemmia, poi cialtroneria e infine profanazione. La stessa profanazione di chi – sostituendo completamente la parte sacra con quella profana – in luogo delle pastorelle, cantate in attesa del Signore, inserisce la peggiore musica commerciale, dando vita a una discoteca a cielo aperto. Le feste ognuno le organizza come vuole, va bene e ci mancherebbe, ma le Fiaccole sono altro.

Innanzitutto sono alte le Fiaccole, anche 8 metri. Tanto alte che spesso viene usata una vera e propria impalcatura. E poi sono tante e sparse per tutto il paese. Badate che non si tratta di sciocco campanilismo, ma di chiamare le cose con il loro nome.

E’ notizia di quest’anno che dopo Santa Fiora (il 30) vogliono costruirle anche ad Arcidosso (il 27). Niente di male, similmente alle auto dei nipponici che copiano spudoratamente i modelli tedeschi. Bene, fatele, costruitele con chiodacci e fil di ferro. Accendetele da sotto, o da sopra con la benzina; ma almeno, per cortesia, abbiate la bontà, il rispetto, il buon senso, di non chiamarle Fiaccole, né fiaccole, ma semplicemente Cataste. Ché le Fiaccole sono, semplicemente, altro.

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foto/copertina: gianni pacini

Commenti

4 commenti a “Fiaccole: le migliori, uniche, originali sono solo quelle di Abbadia. Diffidare dalle imitazioni”

  1. Dario

    Dopo aver letto un articolo del genere mi chiedo:
    1) con quale coraggio si attaccano gli altri paesi pe du pezzi di legno
    2) i nipponici sono giapponesi e non cinesi
    3) le fiaccole sono una tradizione amiatina come la nostra festa della castagna
    Vergogni per l’odio che ha messo nell articolo verso coloro che sono i suoi vicini di casa

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    1. Jori Cherubini

      Ma quale odio, per cortesia. I “due pezzi di legno”, come dice lei, per noi sono tradizione, legame con il passato, festa. E rappresentano una tradizione millenaria palesemente legata ad Abbadia, non all’Amiata. Il fatto che lei consideri nipponici* i cinesi fa capire come approfondisce le questioni. *Treccani: http://www.treccani.it/vocabolario/nipponico/

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  2. aistulf

    a parte la scarsa informazione sui copiatori nipponici (vera fino agli anni 70 ma oggi da spostare sui cinesi) non capisco Dario quando parla di tradizione amiatina. mi sembra ripeta i discorsi di coloro che negli anni scorsi quando si doveva indicare un esempio negativo toccava sempre ai badenghi, definiti allora montanari, rozzi, tutti drogati ecc. si è arrivati al punto di spaccare la montagna in due – usl, comunità montana, ufficio scolastico – con il risultato che la gestione delle acque e del territorio è andata a carte quarantotto e la montagna continua a subire la politica di sfruttamento coloniale ormai secolare senza che ciò desti scandalo. Ieri era la Montamiata e le altre società estrattive, oggi sono Enel e Acquedotto del Fiora e simili.
    Per quanto riguarda le fiaccule, ricordo che già agli inizi degli anni ’70 erano comparsi i manifesti dei pianesi che invitavano i badenghi a visitare le loro tradizionali (sic! era la prima volta che le facevano). Poi alla fine degli anni ’90 i santafioresi, oggi gli arcidossini. Peccato che non esista il copyright, altrimenti a dover pagare per usare il brevetto ci penserebbero bene. D’altronde c’è anche da dire che come per tutti i prodotti di successo, quando qualcosa funziona c’è sempre chi si ingegna a copiare. Il rischio è quello di arrivare ad un’omologazione del prodotto e ad una perdita di credibilità e di appeal (si ripensi a tutte le feste + o – medievali che si ripetono nei nostri borghi).
    un consiglio finale: copino anche le pastorelle e così avranno completato la clonazione

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  3. Pio Coppi

    Ormai non mi meraviglio più di niente. Dico solo che le “fiaccule” sono espressione di una tradizione badenga che si trasmette di padre in figlio da secoli. Se poi qualcuno le vuole copiare faccia pure ma non si appropri del copywright. Un consiglio, visto che non tutti lo sanno, le “fiaccule si accendono dall’alto e sono costruite senza chiodi o ferri. Stanno su solo grazie alle perizia ed all’esperienza di coloro che da anni le “fanno”. Con questo auguri di buone feste a tutti, badenghi o no.

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