Abbadia, archeologia e sviluppo del territorio

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Con la chiusura della miniera di cinabro, nel 1972, sembra terminare quel periodo di sfruttamento intenso nel territorio di Abbadia San Salvatore portatore di una grande crescita economica e demografica ma anche di deturpamento e di degrado del paesaggio e dell’ambiente. Con la chiusura della miniera cessa il periodo di benessere economico e si vanno a ricercare nuove vie di sostentamento e di visibilità. Gli anni successivi avranno come interesse la storia ed i monumenti più importanti del paese. Lo sguardo non è più rivolto verso le risorse minerali e materiali del territorio bensì verso quelle umane, sulla storia e sulla cultura della zona. Nella seconda metà degli anni ’80 figure scientifiche di rilievo cominciano ad interessarsi degli aspetti storici, architettonici ed archeologici del paese. Per la prima volta ci si interroga seriamente sulle origini del centro abitato e sugli avvenimenti che nel passato hanno suscitato la sua nascita ed il suo sviluppo.

Esce nel 1989 il volume “L’Amiata nel Medioevo” curato da Ascheri e Kurze nell’89, contenente gli atti del Convegno svoltosi nel 1986; il volume “L’Abbazia di San Salvatore al Monte Amiata” curato sempre da Kurze e Prezzolini nel 1988; il volume “Romanico nell’Amiata” curato da I. Moretti nel 1990. Gli anni che seguiranno saranno legati a ricerche sul campo, innescate da una prima ricognizione archeologica del territorio effettuata nel 1987-88. Nel 1991 sono avviate le prime campagne di scavo nell’abbazia, proseguite poi nel 1997; nel 1998 sarà indagato sempre per la prima volta con saggi e rilievi il villaggio medievale di Callemala.

Dopo il 2000, un’altra serie di ricerche e ulteriori scavi, l’ultimo effettuato nel 2007, interesseranno di nuovo l’Abbazia del San Salvatore, fino ad arrivare al 2010 ad una piccola ricognizione e a una prima mappatura nel sito d’altura situato nelle vicinanze del paese denominato Castel della Pertica. L’idea di creare un Parco Archeo-Minerario nel territorio di Abbadia San Salvatore nasce dall’intreccio di due esigenze: la prima puramente archeologica, la seconda legata ad una valida proposta di sviluppo del paese. Come primo obiettivo questo progetto universitario mira allo sviluppo culturale ed archeologico: occorre infatti proseguire la ricerca, ferma da anni, per comprendere meglio le vicende del passato; il secondo obiettivo tende alla valorizzazione del territorio, con lo scopo di aumentarne la visibilità e di conseguenza il prestigioEntrambi gli scopi sono connessi tra loro. La ricerca non può proseguire senza un progetto che possa valorizzarne il lavoro; viceversa la tutela e la valorizzazione non sono possibili senza nuove ricerche che ne possano esaltare l’importanza.

Per fare un po’ di chiarezza sulla situazione attuale del territorio e sul motivo principe che vuole la creazione di un Parco Archeologico occorre fare un breve riassunto sulle vicende del secolo scorso che hanno caratterizzato il paese da un punto di vista economico e di crescita. Dall’inizio dell’ottocento le miniere dell’Amiata, assieme a quelle spagnole di Almaden e a quelle slovene di Idrija, hanno sfruttato i principali giacimenti di mercurio nel mondo. Lo sfruttamento minerario ha inizio 1899. Dal 1948 sino alla fine degli anni ’50 la miniera conobbe periodi alterni: a piccole crisi, con conseguente diminuzione della produzione e della manodopera, si susseguirono periodi di ripresa produttiva dovuta al buon andamento del mercato internazionale del mercurio. Per tutti gli anni ’60, nonostante l’instabilità del mercato l’aumento delle giacenze di bombole invendute e la riduzione della manodopera l’attività produttiva e di ricerca continuò e vennero apportati, in adeguamento all’evoluzione delle tecniche minerarie, miglioramenti alle metodologie di lavoro, all’ambiente di cantiere e alle condizioni di sicurezza. Intorno al 1969-70, si aprì una crisi del mercurio a scala mondiale: essa causata principalmente da motivi ecologici e da una più diffusa consapevolezza degli effetti inquinanti dell’impiego del mercurio nell’industria chimica, fece scattare nelle nazioni industrialmente più progredite, l’emanazione di norme assai restrittive riguardo all’uso del minerale e a ricercare prodotti che fossero in grado di sostituirsi al mercurio pur garantendo gli stessi vantaggi di utilizzo ed economici.

Al rischio ecologico si aggiunse l’arrivo di nuovi produttori, principalmente paesi in via di sviluppo, in grado di praticare prezzi di vendita molto bassi e quindi assai concorrenziali. A causa di queste difficoltà l’intero bacino mercurifero del Monte Amiata, compresa la miniera di Abbadia, cessò definitivamente la sua attività nel 1972. Il 1972 è la data che segna la fine di un periodo importante per il territorio, che non troverà più una così massiccia fonte di lavoro e di ricchezza. La situazione attuale del paese presenta diverse problematiche dal punto di vista turistico e di visibilità. Il turismo è presente prevalentemente nel periodo invernale per la possibilità di sciare offerta dalla montagna. Gli altri periodi dell’anno vedono sporadiche presenze, legate più che altro ad un turismo occasionale.

Quello che oggi occorre è un turismo di qualità, che possa rilanciare il paese, valorizzarlo ed innalzarlo per il suo passato, importante e particolare, che spazia dalla preistoria al medioevo. L’elaborato esposto nella tesi di laurea (da cui il sottoscritto ha estratto questo articolo) propone una valida alternativa di sviluppo sostenibile mediante la ricerca e la valorizzazione del patrimonio archeologico che potrà aggiungersi ed integrarsi perfettamente all’attuale Parco del Museo Minerario. Nel progetto del 1992 proposto da Riccardo Francovich si faceva riferimento alla creazione di un Parco Archeologico Minerario. La geniale intuizione che vedeva il connubio tra la musealizzazione del periodo industriale ed i periodi precedenti non trovò spazio per l’intera realizzazione. Partì infatti solamente il Parco del Museo Minerario. L’obiettivo primario del parco era quello di mostrare come il monte Amiata fosse sempre stato un ricco bacino di approvvigionamento di materiale minerario e non solo, ripercorrendo le modalità di questo sfruttamento, dalla preistoria all’età moderna. Nel Neolitico, la presenza di cinabro, spinse alla scavo di gallerie e cunicoli per raggiungere il prezioso colorante nel sottosuolo.

E’ possibile che alcuni dei cuniculi scavati siano serviti anche alla coltivazione del rame, dato che il metallo poteva essere reperito in filoni all’interno degli stessi depositi. A tale proposito vanno ricordati alcuni significativi rinvenimenti di asce a margini rialzati e panelle di rame e bronzo in ripostigli siti nei comuni di Castiglione d’Orcia, di Casteldelpiano, Castellazzara, Castiglion d’Orcia, Santa Fiora e Abbadia San Salvatore. Nel periodo etrusco, le risorse minerarie del massiccio amiatino non trovarono un largo utilizzo come attestato nel periodo Eneolitico; il cinabro venne infatti certamente usato dagli Etruschi come terra colorante, ma se ne ignorano attualmente impieghi certi per la produzione di metallo. Con il passaggio dei territori etruschi sotto il controllo romano le risorse tradizionali dell’Amiata continuarono ad essere ampliamente utilizzate: è noto in particolare lo sfruttamento dei boschi. L’Amiata è sempre stato un ricchissimo bacino di approvvigionamento di legname, ed inoltre la presenza di abete bianco, l’abies alba tanto apprezzato dai Romani per la costruzione di case ed imbarcazioni, ne rese il potenziale economico di assoluto rilievo anche quando i depositi minerari cessarono di rivestire un ruolo di primo piano. In conclusione questo progetto ha lo scopo di creare un turismo culturale in grado di offrire servizi certificati, sinergie con gli operatoti turistici e commerciali che mettono in mostra l’eccellenza del territorio oltre a garantire la salvaguardia ed una notevole divulgazione culturale e scientifica. L’idea finale è di allacciare la realtà amiatina agli altri parchi archeominerari della Toscana in modo da creare una rete in grado di massimizzare la visibilità e la fruibilità delle varie ricchezze e bellezze toscane; tutto questo è già in progetto presso il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Siena. Quello che occorre per la sua realizzazione è la sola volontà politica che il sottoscritto si auspica verrà accolta e impegnata nei prossimi anni di amministrazione. Niccolò Bisconti

Altri parchi della toscana: Val di Cornia (http://www.parchivaldicornia.it/) Parco Nazionale delle Colline Metallifere (http://www.parcocollinemetallifere.it/)

Articoli correlati: Le origini di Abbadia http://abbadianews.wordpress.com/2013/12/18/storia-le-origini-di-abbadia/ Re Ratchis e Granduca Leopoldo, del perché l’Amiata merita l’Unesco (parte I): http://abbadianews.wordpress.com/2013/12/19/re-ratchis-granduca-leopoldo-e-lazzaretti-lamiata-merita-lunesco/ Cos’è l’Unesco: http://abbadianews.wordpress.com/2013/12/20/approfondimenti-cose-lunesco/

Commenti

1 commento a “Abbadia, archeologia e sviluppo del territorio”

  1. Enrico

    La proposta é interessante e fra l’altro si inserisce in una riflessione obbligatoria sulla funzione dell’attuale Prarco Minerario che, mi duole dirlo, assomiglia sempre meno ad uno strumento di “promozione territoriale”.

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