Tra assolutismo della tecnica e responsabilità morale; terminologia dell’enciclica

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di Giovanni Fabbrini

Cos’è l’enciclica: in sostanza una lettera del Papa alla Chiesa. I temi trattati riguardano da sempre ambiti attinenti la politica, la cultura e la società; la recezione di questi temi spetta ai vescovi e ai fedeli, e quindi di conseguenza quasi a tutto il mondo. Celebri encicliche sono la Rerum Novarum di Leone XIII, in cui la Chiesa prese posizione contro la Massoneria, la Humanae Vitae di Paolo VI, in cui vengono ribaditi i principi di santità della vita e del matrimonio; la Caritas in Veritate, datata 29 giugno 2009, di Papa Benedetto XVI, in cui si fa una vera e propria panoramica sullo stato del mondo.

Fin dall’introduzione si capisce bene qual è la chiave di lettura: ispirare i governanti nel raggiungere l’armonia tra due valori, la carità e la verità. La carità, di per sé positiva, tanto da essere una delle tre virtù teologali, se mal gestita e mal indirizzata rischia di diventare puro emotivismo, dannoso o forse, nel migliore dei casi, poco capace di far fiorire i sistemi economici e politici. Il contraltare si trova quindi nella verità: seguire un’alto ideale di limpidezza di solito non macchiato da false testimonianze; fare le cose in buona fede e onestamente. I fedeli sono avvertiti rispetto ai mali dell’ignoranza verso la povertà estrema ed del pensare solo per sé.

Le ideologie, come il liberismo sfrenato e il socialismo sordo ai principi religiosi sono implicitamente attaccate e facendo eco a Paolo VI si parla del senso della politica e del “pericolo costituito da visioni utopistiche e ideologiche” (cit. Cap II). L’ideologia tecnocratica, particolarmente radicata oggi, da cui Paolo VI aveva già messo in guardia, porta con se il pericolo di affidare l’intero processo dello sviluppo alla sola tecnica, lasciando la politica senza orientamento e annullando la decisione. E’ attaccato poi il concetto che l’utile sia l’unico motore delle azioni umane. Il principio in questione purtroppo è affermato già dei primi studiosi dell’economia; gli accademici di oggi continuano, se pur con le dovute eccezioni, a considerare valido il fatto che l’uomo si muova nella ricerca dell’utile, ammettendo deroghe per lo più legate a una conoscenza relativa del mondo.

“Lo sviluppo (…) se vuole essere autenticamente umano”, deve invece “fare spazio al principio di gratuità”. Ciò vale in particolare per il mercato. La logica mercantile va “finalizzata al perseguimento del bene comune di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica” (cit. Cap III). Si può dire che viene riecheggiato, parlando di gratuità, il “dà a chi ti chiede” evangelico e il “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Anche in tema di sviluppo demografico è ribadita una visione cattolica che, potremmo dire, oggi segna un importante fattore di distinzione tra la visione della polis del Vaticano, erede almeno in parte della classicità antica, e quella degli economisti classici come Adam Smith: “l’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento; non di un’etica qualsiasi bensì di un’etica amica della persona” (cit. Cap IV).

Vengono poi affrontati nei capitoli seguenti temi come la centralità di Dio nella società e la sacralità della vita. E’ nel sesto capitolo, dedicato allo sviluppo dei popoli e alla tecnica, che il Papa mette in guardia dalla “pretesa prometeica” secondo cui “l’umanità ritiene di potersi ricreare avvalendosi dei ‘prodigi’ della tecnologia”. La tecnica, viene ribadito, non può avere una “libertà assoluta”. Incuriosisce il richiamo a Prometeo anziché a Icaro, richiamo che logicamente sarebbe stato più attinente. E’ da sottolineare a ben guardare come Prometeo sia da sempre il simbolo del capitalismo meno equilibrato e più spregiudicato. Possiamo vedere così una volta per tutte come i grandi conservatori e i difensori dell’ordine per eccellenza – gli uomini del Vaticano – siano con tutta la loro forza intenti a liberare l’uomo, facendo pressione in un campo cruciale come quello economico. Campo primario “della lotta culturale tra l’assolutismo della tecnicità e la responsabilità morale dell’uomo è oggi quello della bioetica”, spiega il Papa che aggiunge: “la ragione senza la fede è destinata a perdersi nell’illusione della propria onnipotenza”. La filosofia cristiana della scienza di fronte a questa tematica tocca la massima vetta.

Trattasi per giunta di un lavoro autorevole anche dal punto di vista della supervisione scientifica, che presenta il supporto di nomi importanti, fra cui l’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi. In un periodo come quello di oggi, nutrire qualche risentimento verso l’inorganico capitalismo anglosassone può apparire normale; con buona pace del professor Michael Novak (studioso legato al mondo conservative reaganiano) che ha commentato di essersi riconosciuto più nella Centesimus Annus di Giovanni Paolo II. In effetti le critiche al capitalismo statunitense di Papa Benedetto sono state, nel lavoro in questione, tanto indirette quanto integrali. Ne esce così la linea geopolitica, demografica ed economica Vaticana, in tutta la sua sacrosanta specificità.

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Copertina: Benedetto XVI

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