Poesia. Saluto e augurio – Pier Paolo Pasolini
di Pier Paolo Pasolini
“È quasi sicuro che questa è la mia ultima poesia (…):
e voglio parlare a un fascista, prima che io, o lui, siamo troppo lontani.
È un fascista giovane, avrà ventuno, ventidue anni:
è nato in un paese ed è andato a scuola in città.
È alto, con gli occhiali, il vestito grigio, i capelli corti:
quando comincia a parlarmi, penso che non sappia niente di politica
e che cerchi solo di difendere il latino e il greco contro di me;
non sapendo quanto io ami il latino, il greco – e i capelli corti.
Lo guardo, è alto e grigio come un alpino.
“Vieni qua, vieni qua, Fedro. Ascolta.
Voglio farti un discorso che sembra un testamento.
Ma ricordati, io non mi faccio illusioni
su di te: io so, io so bene, che tu non hai, e non vuoi averlo,
un cuore libero, e non puoi essere sincero:
ma anche se sei un morto, io ti parlerò.
Difendi i paletti di gelso, di ontano, in nome degli Dei, greci o cinesi.
Muori d’amore per le vigne. Per i fichi negli orti. I ceppi, gli stecchi.
Per il capo tosato dei tuoi compagni.
Difendi i campi tra il paese e la campagna, con le loro pannocchie abbandonate.
Difendi il prato tra l’ultima casa del paese e la roggia.
I casali assomigliano a Chiese: godi di questa idea, tienla nel cuore.
La confidenza col sole e con la pioggia,
lo sai, è sapienza sacra.
Difendi, conserva, prega!
La Repubblica è dentro, nel corpo della madre.
I padri hanno cercato e tornato a cercar
di qua e di là, nascendo, morendo, cambiando:
ma son tutte cose del passato.
Oggi: difendere, conservare, pregare.
Taci! Che la tua camicia non sia nera, e neanche bruna.
Taci! che sia una camicia grigia.
La camicia del sonno.
Odia quelli che vogliono svegliarsi, e dimenticarsi delle Pasque…
Dunque, ragazzo dai calzetti di morto,
ti ho detto ciò che vogliono gli Dei dei campi.
Là dove sei nato.
Là dove da bambino hai imparatoi loro Comandamenti.
Ma in Città?
Là Cristo non basta. Occorre la Chiesa: ma che sia moderna.
E occorrono i poveri
Tu difendi, conserva, prega: ma ama i poveri: ama la loro diversità.
Ama la loro voglia di vivere soli nel loro mondo, tra prati e palazzi
dove non arrivi la parola del nostro mondo;
ama il confine che hanno segnato tra noi e loro;
ama il loro dialetto inventato ogni mattina,
per non farsi capire; per non condividere con nessuno la loro allegria.
Ama il sole di città e la miseria dei ladri;
ama la carne della mamma nel figlio
Dentro il nostro mondo, dì di non essere borghese,
ma un santo o un soldato:
un santo senza ignoranza, o un soldato senza violenza.
Porta con mani di santo o soldato l’intimità col Re,
Destra divina che è dentro di noi, nel sonno.
Credi nel borghese cieco di onestà,
anche se è un’illusione: perché anche i padroni hanno i loro padroni,
e sono figli di padri che stanno da qualche parte nel mondo.
È sufficiente che solo il sentimento della vita sia per tutti uguale:
il resto non importa, giovane con in mano il Libro senza la Parola.
Hic desinit cantus.
Prenditi tu, sulle spalle, questo fardello.
Io non posso: nessuno ne capirebbe lo scandalo.
Un vecchio ha rispetto del giudizio del mondo: anche se non gliene importa niente.
E ha rispetto di ciò che egli è nel mondo.
Deve difendere i suoi nervi, indeboliti,
e stare al gioco a cui non è mai stato.
Prenditi tu questo peso, ragazzo che mi odii: portalo tu.
Risplende nel cuore. E io camminerò leggero, andando avanti,
scegliendo per sempre
la vita, la gioventù”.
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