Musica, Roma: Al Circolo Andrea Doria va in scena la drum’n’bass di Squarepusher
—lP—
Scostante e irregolare, imprevedibile e beffardo: fin dalla sua apparizione sulla scena musicale, ormai quasi vent’anni fa, Tom Jenkinson in arte Squarepusher è stato subito riconosciuto come una delle figure più geniali e folgoranti apparse sulle rotte della scena musicale contemporanea.
Famoso per aver portato la drum’n’bass a livelli mai immaginati prima, fondendola tanto col jazz quanto con la follia colta alla Aphex Twin (con quest’ultimo divide anche l’etichetta di riferimento, la leggendaria Warp), Jenkinson non è solo un mago del campionatore ma anche uno dei più rispettati bassisti d’Europa, dotato di una tecnica esecutiva assolutamente fenomenale. Assai prolifico, negli anni ha inanellato album che sono vere e proprie pietre miliari: “Feed Me Weird Things” (1996), il leggendario “Hard Normal Daddy” (1997), “Go Plastic” (2001), “Ultravisitor” (2004), giusto per nominarne alcuni.
Assai schivo nei rapporti coi media (senza che questo abbia in alcun modo penalizzato la fama e il culto di cui gode), seleziona molto rigidamente le sue apparizioni live. Vederlo dal vivo è quindi un autentico evento: un modo per essere catapultati in universo sonoro in cui si dilatano i confini della percezione, architetture ritmiche e armoniche che sembrano davvero provenire da un altro pianeta. Tra l’altro, gli ultimi anni lo vedono particolarmente ispirato e soprattutto particolarmente deciso ad esplorare i limiti più estremi, sia musicali che visuali: “Ufabulum” (2012) e ancora di più il recentissimo “Damogen Furies” (2015) raccontano infatti di un artista in stato di grazia, e per giunta sono progetti hanno dato vita a live set dove anche i visual giocano un ruolo fondamentale, tra astrazione digitale, suggestioni cibernetiche ed inquietudini. Il mondo di Squarepusher diventa così, dal vivo, un’esperienza ancora più forte e ferocemente vertiginosa.
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