Monte Amiata: “Le insalate di campo”, incontro con Augusto De Bellis
—P—
di Irene Mazza
Abbadia San Salvatore – L’Amiata vanta la faggeta più vasta e popolata d’ Europa, la castagna e il fungo porcino IGP, i bellissimi paesaggi boschivi e non ultimo un sottobosco ricco di erbe officinali e specie rarissime, che già a suo tempo stuzzicarono l’ingegno e la curiosità dei monaci della nostra Abbazia. Tutta questa preziosita’ erboristica non lascia indifferenti i botanici G. Bonelli, A. De Bellis, G. Nanni che a essa dedicano uno studio approfondito ed un volume intitolato Monte Amiata: le insalate di campo (edito da Effigi); manuale per la raccolta e il riconoscimento delle piante commestibili e aromatiche”. La presentazione del libro è avvenuta sabato 10 gennaio presso le ex officine meccaniche (Miniera). La conferenza prevedeva la presentazione del lavoro di Aurelio Visconti, proprietario dell’azienda Lombardi & Visconti che produce macerati d’erbe e amari con le piante della nostra zona.
Il professor De Bellis ha illustrato ai presenti, ripercorrendo la storia del nostro vulcano, alcuni tipi di piante che fanno del Monte Amiata un luogo ricco di specie ataviche e particolari, un habitat perfetto per specie molto diverse tra loro. “L’ultima eruzione vulcanica” spiega De Bellis “è avvenuta 160.00-200.000 anni fa lasciando un terreno calcareo-ferroso (attuale zona di Pian dei Renai). Dopo la comparsa del vulcano il terreno ha subito un enorme cambiamento, lasciando qua e là zone argillose, come quelle del Podere Biagiotti e Santa Fiora. Qui cresce il Barbabecco, l’Assenzio dei Creti e poco più su la Rosa Calica, rosa rarissima. Piante tipiche di uno strato argilloso.
Proprio per questa diversificazione del terreno, e per il fatto che l’Amiata si trova isolata da altre catene montuose, presenta un elevato numero di sottospecie ed endemismi (specie costrette a vivere in ambiente circoscritto e completamente assenti in altre parti del mondo). Alcune di queste sono il Crocus, la Viola Etrusca, lo Spillo di Dama (monte Labro). In questo isolamento la nostra montagna ha perso si alcune specie, ma ne ha sviluppate altre molto peculiari. “Altro elemento fondamentale” continua il professore “è la presenza sull’Amiata di specie ‘relitto’. Queste sono piante di origine preistorica alcune sopravvissute al grande innalzamento della temperatura terrestre avvenuto nel Cenozoico (da 25 a 5 milioni di anni fa) e nel Pliocene (da 5 a 3-2 milioni di anni fa). Il 98% di specie animali e vegetali scomparvero, ma alcune piante termofile (resistenti alle alte temperature) sopravvissero. Una di esse è proprio il Tasso presente oggi sull’Amiata. E’ una pianta dioica, cioè caratterizzata da esemplari maschio e femmina, la cui riproduzione è piuttosto complicata. Un’altra specie è la Veronica spigata presente qui (podere Biagiotti e Catiglione d’Orcia) e sulle Alpi.”
L’altra epoca in cui molte specie scomparvero fu la glaciazione terrestre avvenuta nel Quaternario (300-400.000 anni fa). Le piante furono trasportate dai ghiacci fino a noi, alcune poi tornarono indietro con il disgelo. Ne è un esempio la Stella Alpina, pianta che ha la sua origine nelle steppe asiatiche in climi molto freddi, oggi presente invece sul Gran Sasso e sulle Alpi. Nella nostra zona un relitto glaciale lo si può trovare in zona Vetta, si tratta del Caprifoglio Turchino, pianta artico-alpina. Successivamente il prof De Bellis ha illustrato la cronologia delle opere botaniche in cui si studiano le erbe officinali amiatine, trovando un documento storico di cui fa parola Giugurta nei primi del Novecento nel volume “Storie di Siena”. Si tratta del lavoro svolto dal medico botanico Jacopo Tondi nel 1334, mai recensito finora: quando recatosi nella nostra zona per una indagine socio-economica, ne approfittò per una escursione montana. Egli riporta la presenza di Peucedano, Farfaro, Camaleone Bianco, comunemente detto Erba Carolina. All’epoca in cui scrive il Tondi essa veniva usata dagli abitanti della zona come barometro: la pianta infatti si chiude in presenza di umidità e si apre quando il clima è secco.
Altri esemplari di cui fa nota il medico sono il Lotus, probabilmente il ginestrino, il Cedro d’Egitto, oggi Cedro del Libano, e un tipo di Scolopendio oggi estinto (felce), l’ Erba Mula, il Gionco Dorato (giunco) forse un tipo di Ginestra, quella profumata, l’ Elleboro, tipica pianta endemica; e infine la Mandragola, pianta antropomorfa e allucinogena il cui frutto però non è mortale. Il De Bellis esprime su quest’ultimo esemplare un certo scetticismo ipotizzando forse che si trattasse di Belladonna, anch’essa caratterizzata da bacche, ancora presente nei boschi amiatini. Attualmente l’ultimo esemplare di Mandragola si trova in Sicilia, a Caltanissetta. Gli altri botanici che recensirono le erbe amiatine furono il Micheli nel 1733 e successivamente il Salvi e il Santi nel 1789-92 scrivendo tre volumi che rimarranno dei pilastri nell’indagine erboristica dell’Amiata.
Gli ultimi e più recenti botanici a occuparsi di questo sono proprio De Bellis, G.Nanni e G.Bonelli con il volume presentato in questa conferenza. “Nella nostra ricerca, che vede analizzate ben 1300 specie, abbiamo notato la predilezione delle specie mediterranee insulari ad ‘ appoggiarsi‘ proprio sull’Amiata. Si tratta di specie provenienti dalla Corsica o dall’Isola d’Elba che qui hanno trovato un habitat perfetto. Siamo inoltre in attesa di confermare la presenza di un Timo particolare. “A coronazione del nostro lavoro vi è inoltre” conclude De Bellis “la creazione dell’ Orto Botanico in località Fonte Magria”. [continua...]
Articoli correlati: Grandi uomini dell’Amiata; Petacio, Merisio, Mario del Biagiotti e Nardini - “La leggenda di Carlo Magno” raccontata da Frate Indovino - Dall’Euphorbia alla pera picciòla, viaggio attraverso le diversità del Monte Amiata - La Croce sul Monte Amiata “Alla santa memoria del caro fratello Celso” - Pian della Piscina e altri percorsi affascinanti Viaggio nei sentieri dell’Amiata -