Letture. “Le Filastorie” di Daniela Piccinetti
—P—
di Giovanni Fabbrini
Facile come una rima baciata. Si parte con la storia di un Re antico che volendo raggiungere una stella vivide coronato il suo sogno, per poi perdere tutto il regno. In un’atmosfera magica e surreale dove gli animali hanno personalità, per poi passare al contrasto tra un paese antico e sapienziale a uno moderno e superficiale. La barbara pratica dell’imbalsamatura, il gioco di specchi tra normale e strano, la durezza della massaia verso le tele di ragno.
Il guardarsi indietro nel tempo, tutto questo è raccontato o meglio tirato fuori a sprazzi vividi, con l’aiuto immancabile delle illustrazioni compiute dalla stessa autrice. L’episodio preferito di chi scrive è l’ascensione in cielo dell’aquila, che stanca di dover faticare per mangiare col suo ruolo di predatrice odiata, spalanca le ali oltre l’atmosfera da lei conosciuta. Sarei parziale se non dicessi che con Le Filastorie (Effigi, 2013) della maestra Daniela Piccinetti siamo di fronte a qualcosa di sperimentale e ancora embrionale. Si tratta comunque di un valido strumento professionale orientato e rivolto quasi esclusivamente all’infanzia.
Per andare avanti Daniela potrebbe fare il reciproco del percorso intrapreso da Fabrizio Tondi: invece di semplificare lo stile, come ha fatto Fabrizio passando dalla narrativa alle fiabe, Daniela dovrebbe complicarlo. La metrica del sonetto è semplicemente perfetta per superare la stucchevole rima baciata e dare alla creatività e all’ispirazione che comunque non mancano, un tono più sobrio, strutturato e maturo.
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