Le tasse nascoste facilitano l’impoverimento dei risparmiatori italiani
Quando si pensa a un conto corrente è noto che, per tenere depositati i propri risparmi, è necessario pagare delle tasse più o meno note e sicuramente mai gradite.
È importante sapere che ci sono due tipi di imposte per la tenuta di un Conto Corrente. La prima nasce nel 2012 ed è conosciuta come Imposta di bollo pari a 34,20 euro annuali per i conti intestati a persone fisiche con giacenza media superiore a 5.000 euro ed a 100 euro annuali in caso di conti intestati a persone giuridiche a prescindere dalla giacenza media. Questa tassa deve essere versata per ogni singolo prodotto in possesso del cliente come conto corrente, libretto di risparmio, eccetera anche all’interno dello stesso Istituto.
La seconda imposta riguarda gli Interessi creditori o attivi. Si tratta della somma di denaro che un capitale, depositato su conto, matura in un dato arco di tempo. Purtroppo, però la maggioranza degli italiani non ha idea o non si è mai interessata a sapere quanti soldi vengono persi in tasse in caso di deposito.
Bloccando per un determinato periodo di tempo una somma di denaro si può produrre un rendimento che, come spiega la guida “La tassa implicita del conto corrente: come le scelte sbagliate pesano sul risparmio” , è soggetto a tassazione.
Quindi sugli interessi attivi maturati sul denaro depositato la ritenuta fiscale, come stabilito dagli articoli 3 e 4 del Decreto Legge n. 66/2014 e confermato dalla Legge di stabilità del 2015, è del 26% secondo la formula: Interesse = (Capitale depositato * tasso di interesse annuo * tempo) /36500. In pratica un conto deposito che prevede l’1% lordo annuo darà un rendimento netto dello 0,74%.
Quella persa non è una somma di denaro trascurabile considerando che secondo la Banca d’Italia, le famiglie italiane detengono la disponibilità di 1.329 miliardi di euro. Nel 2017 quindi, facendo un calcolo abbastanza preciso, la perdita di capitale delle famiglie italiane che hanno soldi depositati in un conto corrente è stata dello 0,8% per un totale di 10,6 miliardi di euro.
Da tale tassazione sono esenti Titoli di Stato e Buoni fruttiferi postali emessi dalla Cassa depositi e prestiti, le Obbligazioni emesse dagli Stati della White List e le obbligazioni di progetto. Questi hanno una quota di interessi pari al 12,5%. Inoltre, sono esenti i fondi pensione INPS e le forme di pensione supplementare che subiscono una tassazione dell’11,5%.
Questa imposizione fiscale sembra essere una sorta di tassa patrimoniale considerato che riguarda solo i cittadini che hanno a disposizione una somma di denaro in liquidità depositata. La perdita di denaro dovuta a questa imposta determinerebbe un impoverimento del valore dei capitali del 30% in 20 anni considerando un’inflazione del 2%, valore prefissato dalla BCE.
È quindi corretto affermare che, se ogni risparmiatore si facesse seguire da un consulente in grado di consigliarlo in modo adeguato, potrebbe investire i suoi capitali invece di tenerli bloccati, con un rendimento certamente superiore data la minore tassazione di alcuni prodotti finanziari con andamento stabile e rischio controllato. Non si tratterebbe di un gioco d’azzardo che può portare alla perdita di patrimonio come temono la maggior parte dei risparmiatori che hanno depositato i propri capitali, anzi la dispersione sarebbe sicuramente inferiore con un guadagno garantito.