La volpe e il polledrino, Viola Niccolai: “Il segno è un modo per scavare a fondo e capire la figura”
Arte
La Postilla intervista Viola Niccolai, giovane artista di Santa Fiora che con i suoi disegni trasmette tutta la genuinità e la passione che la contraddistinguono. Forse sono proprio questi i segreti del suo successo professionale. In occasione dell’uscita del suo nuovo libro di illustrazioni “La volpe e il polledrino”, edito da Topipittori, Viola ci apre le porte del suo mondo e ci parla dei progetti futuri.
Il mese scorso è uscito “La volpe e il polledrino”, il tuo nuovo lavoro di illustrazione su una favola scritta da Antonio Gramsci. Da cosa è motivata la scelta di questo testo?
All’interno delle Lettere dal carcere ce n’è tutta una serie dedicata ai figli che è diventata poi una raccolta di racconti veri e propri (L’albero del riccio). Gramsci aveva già affrontato nei Quaderni la questione delle fiabe e in particolare si era concentrato sull’opera dei fratelli Grimm, sull’impronta folcloristica che c’è alla base di ogni racconto popolare, sui precetti morali che compaiono meccanicamente in ogni finale. In effetti nelle storie dirette ai figli, prive di morale o di elementi magici, scardina un po’ l’apparato che regge quel mondo. Perciò sono rimasta molto affascinata dai suoi racconti, soprattutto perché sono favole dirette, non troppo lunghe, che evocano scenari meravigliosi nonostante rimangano sempre dentro una dimensione profondamente realistica, e offrono altre chiavi di lettura in virtù delle tante immagini che creano nel lettore. Questo mi ha spinto a lavorarci per la tesi, dove si possono proporre progetti come l’illustrazione di un albo illustrato (32 pagine minimo).
Quali sono i legami che senti con la storia che hai illustrato e quali gli aspetti che hai deciso di massimizzare nelle illustrazioni?
Sento un legame forte con questa storia, mi ha commosso il modo in cui un padre tenta un rapporto con dei bambini piccoli, e forse è uno degli aspetti della figura di Gramsci che si conosce meno. Inoltre c’è un totale rispetto, nel racconto, verso lo sguardo dei bambini cosicché anche l’evento che viene narrato, un episodio dell’infanzia di Gramsci, aderisce totalmente ad una visione che adulta non è. Lo si vede da certi dettagli nel testo, gli aggettivi con cui colora scenari e sfondi, che per paradosso rimangono sempre molto essenziali, ma allo stesso tempo evocano interi mondi in cui tutti siamo entrati, da piccoli. Sono poi i concetti su cui ho deciso di focalizzarmi col disegno, le querce del campo della zia, l’importanza della figura della volpe e quella, doppia, del cavallo (la mamma e il puledro). Volevo anch’io ripescare indietro uno sguardo bambino con le illustrazioni, cercando di andare parallela al testo, laddove si presentava scarno e senza orpelli.
A proposito di ricordi, il lavoro dello scorso anno “Bosco di betulle. Tutta la mia infanzia è sulle tue ginocchia” è un tuffo nel passato, nei luoghi amiatini che ti sono più cari, rivissuti con un pizzico di nostalgia. E’ possibile far diventare le arti figurative un veicolo di promozione del nostro territorio?
In questo progetto ho avuto la fortuna di lavorare a fianco di due disegnatrici che ammiro – Silvia Rocchi e Francesca Lanzarini – e con le quali condivido una scelta di rappresentazione precisa, che predilige il realismo nel segno e nelle tematiche. L’idea di base era studiare col disegno i luoghi che appartengono alla nostra memoria visiva, i posti in cui siamo cresciute, intrecciandoli insieme e cambiando di volta in volta il punto di vista. I luoghi sono l’Amiata ed il Monte Labro per me, la Valdinievole per Francesca e il Monte Serra per Silvia. Il lavoro è stato pubblicato da Effigi, casa editrice amiatina, ma devo ammettere, anche se a malincuore, che il progetto ha avuto poi molta più eco a Bologna e a Milano che non nelle nostre zone. Nessuno ci ha proposto di fare una mostra in loco. Ma certo è un bene promuovere i progetti che parlano dei nostri luoghi anche al di sotto dei 600 s.l.m.
Alcuni dei tuoi ritratti mi hanno veramente colpito, così essenziali nei tratti. Qual è il rapporto tra artista e modello e in che modo la storia della persona ritratta cambia il lavoro?
Tutto dipende dalla relazione e dalla conoscenza con la persona che devo ritrarre. Avere un rapporto con la figura che sto disegnando – e non parlo solo di persone, ma anche di paesaggi – è essenziale, perché conosco bene quello con cui mi sto rapportando. Il segno è un modo per scavare a fondo e capire la figura, oltre che per raccontarla. Spesso le storie che disegno hanno come protagonista chi mi è più vicino, trasferisco sul foglio il senso di familiarità e riesco a lavorare in maniera più naturale. Anche per disegnare una persona che non si conosce è necessario che ci sia un’attrazione intrinseca, che porta alla decisione di rappresentare proprio quella figura e non un’altra, magari perché si riconosce nei suoi tratti qualcosa di familiare. Per me quindi è impossibile pensare di realizzare qualcosa di completamente estraneo al mio immaginario. Perciò se la situazione lo impone, il punto di partenza è sempre la ricerca di immagini che sento molto vicine a me, in modo da gettare un ponte tra il tema che non conosco e il mio modo di vedere la realtà.
Quali consigli daresti a un giovane appassionato di tavolozza e colori che volesse provare a ricavarne una professione?
Gli direi sicuramente di studiare tanto, dentro e fuori le accademie, perché lo studio è una parte fondamentale del lavoro, e non finisce mai. Poi, come venne detto a me almeno quindici anni fa, è necessario guardare tutto, abituarsi a leggere con gli occhi ogni immagine, immagazzinarla prima di disegnarla. L’educazione allo sguardo è una parte fondamentale ed è fin troppo sottovalutata. L’allenamento della mano deve andare sempre di pari passo con quello degli occhi.
Puoi svelarci quali sono i tuoi progetti futuri?
Mi sto concentrando su lavori molto diversi fra loro, cosa che trovo molto utile, perché permette di spaziare fra vari tipi di disegno e di temi narrati. A novembre andrò in Sardegna per promuovere l’albo appena pubblicato, accompagnata da Giuseppe Manias, direttore della Biblioteca Gramsciana di Ales. Subito prima, insieme a “La Trama”, il collettivo di cui faccio parte, sarò a Lucca per presentare il nostro nuovo progetto d’illustrazione a coppie, formato da cinque libri in totale. Nel frattempo porterò avanti anche alcuni miei progetti personali sempre legati al mondo del disegno.
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