Lorenzo Sabatini, campione di yo-yo “Grandissima soddisfazione ritrovarsi tra i primi 20 al mondo”
di Irene Mazza
Eccolo lì Lorenzo Sabatini. Arriva al luogo dell’appuntamento con il suo yo yo legato in vita, un cappellino a tesa lunga, pantaloni larghi e passo sicuro. Si siede di fronte a me; il sorriso e lo sguardo semplici nascondono un animo sincero umile e determinato. Bastano poche parole e Lorenzo è pronto a raccontarsi ad Abbadia News.
Di recente hai partecipato ai campionati del mondo di yo yo che si sono svolti a Praga. Come è andata Lorenzo? Come funzionano le selezioni?
Ci sono diverse categorie e stili di gioco. Quest’anno ho partecipato con uno yo yo che si stacca dal filo al momento del lancio, quindi con maggiore difficoltà. Ho scelto un solo stile poiché ho già partecipato alle altre categorie negli anni passati. La prima selezione avviene tramite una gara della durata di un minuto. Se non si commettono errori si partecipa successivamente alla finale. Io mi sono classificato a circa 6 punti dal primo, con una perfomance priva di errori. I punteggi vengono assegnati in base a quante volte lo yo-yo rimbalza sul cordino e venendo poi ottimizzati, occupano circa un 60% del voto finale. Ci sono poi quelli relativi alla correttezza ritimica delle mosse, la presenza scenica, la pulizia nei movimenti e infine l’esecuzione, ciascuno con un peso del 10%. Il giorno successivo si tenevano le finali. Su 25 partecipanti alla prima selezione siamo rimasti in 9. Lo scontro avveniva con un’altra quindicina di ragazzi provenienti da altre nazioni. Ero l’unico italiano! La finale consiste in uno spettacolo della durata di tre minuti, con musica scelta dal candidato. In questa fase sono giudicate la varietà dello spettacolo, l’originalità delle mosse, e la capacità di interazione con il pubblico. Ho inserito nella prova dei passaggi inventati da me, su cui ho lavorato per mesi, ma è stato proprio su quelli che ho commesso qualche errore. Comunque mi sono classificato quattordicesimo, ed è una grandissima soddisfazione ritrovarmi tra i primi 20 del mondo! E’ enorme il piacere che viene dal vedere tutta quella gente sotto al palco che ti applaude, che ti conosce da tempo e ti segue con entusiasmo. Finite le gare spesso mi trovo a parlare con molti di loro. Mi piace moltissimo interagire con persone interessate e entusiasmate da quello che faccio.
In Italia è uno sport poco diffuso. Quali sono le nazioni che vi partecipano?
Moltissimi ragazzi provengono dall’europa dell’est, soprattutto Repubblica cieca e Polonia. Poi ci sono tanti americani e anche giapponesi. Nessun francese o inglese. Ma la questione davvero interessante è come si crei, dopo parecchi anni, una sorta di interazione che vada al di là delle bandiere nazionali. Ci si conosce un po’ tutti e nonostante i diversi stili di vita, si riesce a instaurare dei rapporti profondi, quasi ci si conoscesse da sempre. Questo fa lo sport, e nello specifico lo yo yo è un legante pazzesco. Ci sono persone che vedo due o tre volte all’anno e che vivono a migliaia di chilometri da me, ma ogni volta sembra non sia passata nemmeno una settimana dalla volta precedente. Questo è uno degli aspetti di questa vita che apprezzo di più. L’altro riguarda tutti i viaggi che faccio! Sono stato in America, tantissime volte, e ho visto anche molti paesi europei.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Quelli vicini e quelli più lontani. Si può vivere di yo yo?
Sono già in fase di allenamento perché alla fine di settembre parto per la Polonia; mentre il prossimo anno sarò in Giappone per i mondiali. Non credo però che potrò mai “campare di yo yo”. In Italia complicato. I ragazzi della Repubblica Cieca, che conosco, sono riusciti a creare dalla loro grande passione un piccolo business. Hanno dato vita ad un’associazione che si muove nelle scuole per insegnare ai ragazzi. In più hanno aperto dei negozi che vendono prodotti specifici per questo sport a livello professionale. In Italia siamo stati un po’ svantaggiati dalle distanze. Siamo sparsi qua e là: in Toscana ci sono solo io, molti vengono dal nord; perciò riunirsi e produrre qualcosa insieme è un po’ più complicato. Però chissà, magari un giorno anche noi riusciremo a organizzarci, diffondere questa disciplina e creare un piccolo business.
Come è iniziata la tua storia, e come sei diventato campione di yo yo?
Nel ’99. Il tormentone dell’estate furono gli yo yo. Avevo 17 anni e me ne comprai uno, spendendo pochi soldi. Con gli amici ci ritrovavamo per giocare e scambiarci le varie mosse imparate. Diventò proprio una presenza costante per me, tanto che alla fine dell’estate feci uno grosso sforzo e mi comprai uno yo yo professionale. Lo pagai 70 mila Lire, me lo ricordo bene. Andava forte, quello yo yo. Solo che dopo poco, finita l’estate, persi un po’ l’entusiasmo e lo abbandonai. Nel 2001, due anni dopo, a metà settembre aprendo un cassetto lo ritrovai. Subito pensai che, con quanta fatica mi era costato comprarlo, non potevo lasciarlo lì, ancora inutilizzato. Non avevo internet allora, ma riuscii comunque a scaricare un bel file, ricco di illustrazioni. Lavorai su quei fogli circa 4 mesi per imparare mosse di vario tipo. Alcune della durata di pochi secondi, ma davvero complesse. La passione e l’interesse crescevano sempre di più, di questo mi accorsi quasi subito.
I movimenti potevano essere infiniti, così come le posizioni dello yo yo, i punti in cui poteva cadere. Ero affascinato da tutto questo, potevo davvero dare spazio alla fantasia. Imparai le mosse base, quelle che avevano un nome e da lì iniziai a inventarmi dei trick personali. Passarono due anni. Nel maggio del 2003 tramite internet conobbi due ragazzi dell’Elba, uno dei due campione europeo, che notarono in me delle capacità avanzate. Nell’agosto dello stesso anno avvenne il cambiamento. A Ferrara, al festival degli artisti di strada conobbi un gruppo di ragazzi con cui giocai tutta la notte. Confrontandomi con loro ebbi conferma del mio lavoro, perché fino ad allora non lo avevo mai inteso come un allenamento, bensì come un gioco, un passatempo nel quale magari andavo forte ma niente di più.
In quello stesso anno con loro mi presentai ai campionati tedeschi. Formammo un team improvvisato, e nonostante la grandissima emozione e qualche errore, tornammo a casa estremamente entusiasti. A quel punto i tempi erano maturi per partecipare ai campionati nazionali. Il primo fu nel 2003. Arrivai quarto contro ogni mia aspettativa! L’anno successivo tornai e mi piazzai secondo. Successivamente dal 2005 al 2009 partecipai ai campionati italiani piazzandomi sempre al primo. Questo, oltre ad aumentare la fiducia, mi aiutò a essere selezionato per la finale dei campionati mondiali ai quali mi presentai per la prima volta nel 2006. Si tenevano a Orlando, in America. Feci uno spettacolo abbastanza pulito in cui presentavo dei trick inventati poco tempo prima. Arrivai nono ed ebbi modo di capire che ero abbastanza conosciuto, sia tra chi gareggiava, sia tra chi si trovava lì a godersi lo spettacolo e la gioia fu enorme. Tornai in America per 5 anni di seguito.”
Che consigli daresti a un ragazzo alle prime esperienze con lo yo yo? E successivamente, qual è la molla che deve scattare per passare dall’hobby alla competizione?
Innanzitutto avere voglia di imparare cose nuove. Ci vuole tanta pazienza, sentire sempre quello scatto in più che ti porta a superare i limiti. Sono mesi e mesi di lavoro, frustrazioni ce ne sono tantissime, ma se poi si notano dei buoni risultati allora bisogna spingere sull’acceleratore. Ci vuole costanza e passione, questo sì. E anche fiducia in se stessi. E’ proprio questo che permette di analizzare con oggettività il proprio lavoro. A un certo punto si percepisce che non basta più mostrare le cose imparate agli amici, che non è più sufficiente intrattenere le persone così, tanto per farlo. Conviene buttarsi, provando a partecipare ad una prima gara.
E Lorenzo l’ha fatto. Ha scommesso su se stesso, e non si è sbagliato.
…e si sa: non c’è scommessa più grande di quella vinta con se stessi.
In bocca al lupo, Lorenzo!
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Foto: Ana Tamariz - Raphael Nowakowski