Insolvenza, debito pubblico e finanza. Vademecum per fare bella figura in società

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Money

—P—

di Giovanni Fabbrini

Sulla testa di ogni italiano ci sono 33 mila euro di debito: non si tratta del mutuo di casa o delle rate della macchina ma di 2 mila miliardi di debito dello Stato divisi per noi, che siamo 57 milioni. Una cifra davvero notevole soprattutto se si considera che nel conto rientrano proprio tutti, anche i neonati. Ma come nasce il nostro debito? Già esistente in epoca statutaria, consolidatosi nel dopoguerra, è con gli anni ’80 che questo comincia a prendere il volo. Lo storico “divorzio” tra la Banca D’Italia e governo risalente al 1980 ha provocato una situazione in cui il governo è costretto a finanziarsi collocando il debito interamente nel mercato dei titoli.

debitoQuesto non ha impedito una crescita del debito, anzi l’ha accentuata dal momento che tutti i titoli emessi da allora comportano il pagamento di un interesse al creditore, e che tale interesse per essere pagato ha bisogno di nuovo debito. Oltre a questo, i titoli di debito pubblico, specialmente in periodi di particolare debolezza della finanza pubblica, attraggono grazie al premio di rischio gli investimenti delle banche, che preferiscono avere come creditore lo Stato rispetto agli imprenditori. Il debito pubblico mostra i suoi effetti negativo in pieno nell’Italia di oggi. Dopo gli sforzi intrapresi negli anni ’90 e nel primo decennio del XXI secolo, l’attuale crisi ha portato alla luce la possibilità in precedenza assai remota, di una insolvenza da parte delle economie dei paesi mediterranei.

Per riequilibrare la finanza pubblica, lo Stato italiano ha di fronte un destino di tagli alla spesa mentre la possibilità di ridurre la pressione fiscale sembra non essere mai stata così lontana. Ammesso che il differenziale tra il rendimento dei titoli italiani e tedeschi – il famoso spread – non torni a salire, rimarrà sempre il ricordo dell’agitazione nei mercati di fronte all’eventualità – mai vista prima in economie mature – dell’insolvenza. Può darsi che le manovre in atto consentano un rientro dell’indebitamento, ma non è detto che questo accada senza forti ricadute in negativo sul Pil, sia nel breve che nel lungo periodo. L’elevata pressione fiscale alle imprese pesa nel limitare le spinte di crescita nel breve periodo, mentre i tagli alle spese pubbliche per investimento la minacciano nel lungo.

E’ difficile intervenire nella spesa pubblica corrente per via dei contratti a tempo indeterminato, anche se si potrebbe lavorare maggiormente sull’accorpamento degli enti – qualcuno ricorda gli accorpamenti delle province ideati dal governo Monti? -, oltreché sulla diminuzione delle assunzioni a tempo indeterminato per i dipendenti pubblici, strada evidentemente già avviata e ormai ampiamente segno dei tempi.  Non dimentichiamoci tuttavia che quasi due terzi del debito italiano è dovuto agli italiani. Mentre in un’epoca di espansione dell’economia i benefici dell’indebitamento pubblico sono chiari, sia ai creditori che ai debitori, in un’epoca come l’attuale, di stagnazione della crescita, si apre come un varco tra grandi creditori di titoli e classe media e medio bassa, considerando che quest’ultima si troverà a pagare il costo del debito senza giovarsi in modo compensativo degli interessi attivi.

Resta oltretutto aperta una questione morale sul collocamento dei titoli di debito, che come in parte già accennato, quando vengono comperati dalle banche attirano capitali rivolti altrimenti alle imprese provocando un danno all’economia privata; quando avviene diversamente – quando cioè lo stato avendo difficoltà a collocare il debito alle banche italiane si rivolge ai creditori stranieri – si ha un evento alla lunga pericoloso per l’economia pubblica.  C’è infine da chiedersi a che livelli di validità sia una patrimoniale che va a pagare gli interessi dei detentori di un patrimonio composto in gran parte di Btp prelevando da proprietari fondiari o immobiliari, come sembra succederà, al di là delle etichette, per lo meno stando alle prime evidenti definizioni concrete della linea politica dell’attuale governo.

Mettiamola come volete, sono un sacco di soldi che prima o poi andranno restituiti; visto e considerato che la spesa pubblica ha avuto il merito di creare una parte di quello che è attualmente il patrimonio dei privati, non è assurdo che siano i privati stessi a restituirli con una tassazione molto amara, anche se va detto che il primo pensiero al riguardo va al patrimonio pubblico, dalle stime sempre risultato abbondantemente superiore al debito.

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