I toscani, una “razza” a sé rispetto agli altri italiani
—lP—
A Murlo (Siena), nel corso del festival Bluetrusco, presentata una ricerca ancora in corso del genetista Alberto Piazza, secondo la quale il 35% del Dna della popolazione toscana coincide con quello di popolazioni dell’Anatolia
La notizia arriva da Murlo (Siena), dove, nel corso del festival Bluetrusco, il famoso genetista Alberto Piazza ha annunciato i risultati di una ricerca, ancora in corso, dai contenuti straordinari: il 35% Dna dei toscani, a differenza di quello degli abitanti delle altre regioni italiane, sulla base di un’analisi relativa a 540mila marcatori, è simile a quello delle popolazioni dell’area geo-anatolica. “Ora ci apprestiamo a raffrontare il Dna specifico murlese con quello proveniente dalla stessa area, riferibile agli antichi residenti dell’attuale Turchia – ha annunciato lo studioso, docente all’Università di Torino e presidente della Human genetics foundation – prefigurando una quota ancora maggiore”. Considerando la “diluizione” nel corso dei secoli, dovuta a contaminazioni tra popoli, è evidente che un 35% rappresenta un dato di grande rilievo, che deve fare riferimento a una situazione storica particolare. Le nuove tecnologie hanno consentito di datare questa ibridazione tra popolazione locale e una presumibilmente arrivata dal bacino orientale del Mediterraneo, tra 80 e 120 generazioni fa.
Il che sembrerebbe rinviare alla migrazione di una delle componenti etniche che portarono alla formazione della civiltà etrusca, confermando alcune fonti letterarie antiche, come Erodoto. I murlesi, scelti a suo tempo, per un secolare isolamento, dovrebbero teoricamente conservare la memoria genetica del popolo etrusco in una percentuale ancora maggiore. Da questo punto di vista, ha ancora più senso l’autoironica mostra sui giovani etruschi, ovvero le gigantografie in bianco e nero dei volti dei ragazzi di Murlo attuali, che può essere ammirata per tutta la durata del festival. I campioni di sangue prelevati più di venti anni fa dall’equipe dello stesso Piazza, dunque, a distanza di anni, grazie ai progressi della ricerca scientifica, continuano a dare risultati che forse allora non erano neppure ipotizzabili. Durante gli incontri di Bluetrusco, l’archeologo Vincenzo Bellelli dell’Istituto di studi sul Mediterraneo antico ha dato un supporto a questa ipotesi dal punto di vista genetico anche sotto l’aspetto storico e archeologico. Tre gli elementi di novità emersi di recente, l’ipotesi di popolazione autoctona sembra affermarsi solo a partire dal I secolo a.c., probabilmente come difesa culturale delle aristocrazie etrusche contro l’avanzata politica e culturale di Roma; la lingua etrusca non appartiene alla grande famiglia indoeuropea ma deriverebbe da un ceppo unico definito Tirrenico comune, attestato nell’isola di Lemno, in Etruria e tra i Reti, una popolazione della valli alpine; infine, la religione etrusca è sicuramente frutto di una ibridazione tra un Pantheon originario, riferito ad un’altra area geografico, e quello locale dei Latini.
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