“Evapora” il Festval della Val d’Orcia

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la rocca a tentennanodi Daniele Palmieri

La kermesse aveva portato per oltre quindici anni nei capoluoghi e nelle frazioni dei cinque comuni costituenti il “Parco Artistico Naturale e Culturale della Val d’Orcia”, spettacoli di vario genere, in prevalenza musicali ma anche di prosa e teatrali: da Castiglione a Pienza, da San Quirico a Radicofani, a Montalcino e nei loro territori, con “location” talvolta insolite, ma non per questo  prive di fascino, e con bei nomi del panorama nazionale, non senza disdegnare alcune incursioni fra artisti internazionali.

Da ultimo, lo scorso anno, letteralmente di  rincorsa, l’incarico era stato affidato al musicista, di origini sanquirichesi Roberto Frati, che si era dato molto da fare, riuscendo comunque ad allestire un buon programma, con la partecipazione di artisti interessanti e di livello, fra i quali citiamo la violoncellista Riviera Lazeri e lo scrittore Stefano Benni.

Certo, i fasti (anche economici) dei tempi andati erano spariti dall’orizzonte, le risorse economiche si erano assottigliate, a partire da quando il munifico Monte dei Paschi aveva chiuso i cordoni della borsa per le note vicende.  Tuttavia la volontà di andare avanti aveva sempre prevalso, e il Festival della Val d’Orcia faceva bella mostra di sé nell’elenco delle manifestazioni estive di maggiore prestigio a livello provinciale e regionale.

Quest’anno tutto è finito, a quanto è dato sapere, senza che siano stati registrati molti sussulti, o che a livello politico-amministrativo ci siano stati sforzi particolari nella direzione di mantenerlo in piedi, magari in attesa di tempi migliori (se mai verranno).

E ci è sembrato, cosa parimenti preoccupante, anche nell’indifferenza generale, complice probabilmente il fiorire di nuove iniziative che hanno i loro pregi, ma non di rado denotano uno stretto localismo, l’esatto contrario dello spirito che aveva contribuito alla nascita e all’estistenza del Festival di tutta la Valle.

Forse è anche lo specchio di questi tempi, nei quali i segnali sono quantomeno ambigui: se da un lato si organizzano convegni per stimolare un lavoro coordinato di area in ambito turistico, per altri versi si vedono mettere in pratica iniziative di segno diverso, talvolta contrastanti con questa da sempre auspicata unitarietà di intenti, a quanto pare assai difficile da attuare, anche solo in ambito culturale. Vedremo se, negli anni a venire, l’oblìo avrà la meglio o se, al contrario, il Festival tornerà a nuova vita.

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