ECONOMIA, la “storia universale” e il think tank di Francis Fukuyama

Print Friendly, PDF & Email

FFimg

Economia

di Giovanni Fabbrini

Bersaglio comune di una doppia intervista uscita su Micromega (1/2016; Badiou – Gauchet) e spesso oggetto di confutazione, se non addirittura di scherno in ambito accademico, Francis Fukuyama continua la sua attività al Rand corporation. Nonostante continui a far dividere, il nostro è obiettivamente uno dei più influenti analisti politici viventi

Di tutti gli encomi possibili alla democrazia liberale, uno dei più audaci e, per così dire, totali, viene dalla sua opera La fine della storia e L’ultimo uomo. Lo storicismo – dottrina filosofica che ricerca il vero significato di ogni manifestazione umana inquadrandola nel concreto momento storico e nell’ambiente in cui emerge; e cioè che, per dirla con Gentile, interpreta ogni evento storico come storicamente determinato, in certo modo ridimensionandolo – prende in Fukuyama delle forme piuttosto sorprendenti e non del tutto prive di accenti arbitrari. L’evoluzione storica della società per quel che riguarda le forme politiche e istituzionali è finita, come la democrazia ha trionfato nell’ambito della politica, così il libero mercato si è dimostrato il miglior sistema per quanto riguarda l’ambito economico.

new_york_nataleTutta l’opera si basa infatti sulla giustificazione della validità di una nuova “storia universale”, in polemica con una filosofia del ‘900 ritenuta eccessivamente pessimista, in particolare in quanto incapace di rivalutare la possibilità di un percorso storico volto non a una continua evoluzione delle strutture economiche e politiche ma all’affermazione del migliore dei mondi possibili. L‘America democratica e aperta al capitalismo rappresenta quindi il paradigma più soddisfacente: il progresso scientifico-tecnologico, lo sviluppo della scienza e della tecnica. Un continuo aumento qualitativo e quantitativo della produzione di beni, un continuo e parallelo allargamento del sistema dei bisogni che si fanno sempre più raffinati e complessi. Uno sviluppo continuo e costante dei mezzi di comunicazione al quale è libero di affiancarsi un accrescimento delle capacità critiche del consumatore.

L’attuale sistema neoliberista e globalizzato ha quindi un emisfero statico, quello della forma di stato e del modello economico, e un emisfero dinamico, che permette alla ragione e alla curiosità umane di sprigionare la loro energia creando il progresso in un’ampia serie di ambiti, tra i quali ha un grande risalto l’ambito scientifico-tecnologico.
Mentre il Nord America, l’Europa Occidentale, l’Austalia etc. sono entrati da decenni in una fase “post-storica”, in altre parti del mondo saremmo ancora in una fase storica più o meno avanzata, ma comunque sempre inquadrabile nell’ambito del percorso già compiuto dalle liberaldemocrazie occidentali nel loro retroterra più o meno dispotico, arretrato etc.

nietzsche1Considerando che la naturale tendenza umana al riconoscimento ha spinto in passato alla creazione di un’istituzione formale di livelli sociali superiori (vedi la divisione per ceti della società), come è avvenuto appunto in alcuni episodi istituzionali del medio evo, una critica di matrice nietzscheana sottolinea come la vittoria assoluta della democrazia sarebbe in ogni caso frustrante per i cittadini più dotati e meglio capaci di esprimersi. Bisognerebbe quindi riprendere concezioni sociali medievali mantenendo però l’attuale situazione per quanto riguarda il progresso tecnico, igienico etc.

Secondo Fukuyama in democrazia sopravvivono invece ambiti nei quali è possibile dare vita a un livello di competizione elevato come lo sport e più ancora la politica, senza bisogno che lo stato arrivi a riconoscere la superiorità di alcuno come qualcosa di dato. Dal canto marxista la critica mossa a questo tipo di filosofia coincide sostanzialmente con la critica che fa Marx al liberalismo; l’uguaglianza politica tra i cittadini esiste soprattutto sul piano formale, i diritti a votare e a occupare delle cariche pubbliche non sono realmente aperti a tutti.

Il disegno secondo cui si dà sostanzialmente per scontata la fine della storia, tanto da arrivare a dividere le nazioni del mondo in nazioni storiche e post-storiche, risulta non particolarmente brillante. Lo stesso non può dirsi di quella che è senza alcun dubbio la parte più pregiata del ragionamento e che consiste nell’andare a definire una democrazia tutt’altro che castrante, dove la competizione occupa un ruolo di enorme rilievo, sia pur all’interno di un quadro costituzionalmente definito.

Colonna sonora: Belle and Sebastian – Marx and Engels

LEGGI ANCHE: Regno Unito, il Brexit e l’astro nascente Theresa May -  Ma quale Révolution française? Quella buona è la Glorious Revolution - POLITICA: centro destra, Parisi e il “no” che scontenta i moderati - Letture. “Il Royal Baby” di Giuliano Ferrara - Ma quale Révolution française? Quella buona è la Glorious Revolution -  Letture – “Il maschio selvatico” di Claudio Risé - Letture – L’Audacia della Speranza (Il sogno americano per un mondo nuovo) di B. Obama - Letture – “Semplice” (L’arte del governo nel terzo millennio) di Cass R. Sunstein - Letture. “Le Filastorie” di Daniela Piccinetti -  Letture: “Le ali della libertà” Carlo Maria Martini -  Letture: “Figli di Dio” di Beteta e Fernandez - Io ci sarò. Storia di una famiglia felicemente imperfetta - Hans Kelsen e la concezione analitica del diritto - Letture: “Le ali della libertà” Carlo Maria Martini - Robert T. Kiyosaki, libertà finanziaria e fine dell’era industriale

Lascia un commento

XHTML: Puoi usare questi tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>