Dignitatis Humanae. Dio; la natura, il complicato rapporto uomo-ambiente
di Giovanni Fabbrini
Qualche anno fa mi colpì una domanda in un forum fatta da una studentessa di biologia: “esiste qualcosa di superiore a noi, forse la Natura?” La parola natura era scritta con la lettera maiuscola, senza farci troppo caso la ragazza aveva usato la stessa accortezza che si indirizza alle divinità pagane.
Più in generale la natura viene vista oggi in una certa retorica come un tempio, qualcosa di sacro. A questo punto è bene ribadire il concetto di Dignitatis Humanae in tutta la sua pienezza. Senza dilungarsi sulla gerarchia del creato in maniera dettagliata, appare chiaro che l’uomo è un essere intelligente. Per la Chiesa, tra l’uomo e gli altri animali superiori esiste una differenza essenziale: solo l’uomo è fatto a immagine di Dio. Dio è una persona e la personalità è qualità propria dell’uomo. La vitalità presente negli animali, per elevata che sia, non arriva a somigliare a quella che nell’uomo appare come una personalità con infinite specifiche sfumature da cui deriva inoltre una vera e propria vivacità intellettuale.
Questo comporta per l’uomo il diritto di servirsi della natura. Servirsi delle bestie e dei vegetali per i bisogni umani non significa però fare cose che vanno contro l’uomo. In questo senso mi sembra di poter dire che esiste un ambientalismo malvagio, che pone l’uomo in una posizione di sudditanza rispetto alla natura e un ambientalismo buono, che preserva l’uomo dal distruggersi masochisticamente la propria casa.
Il male fa leva su tutta una serie di equivoci che derivano da un mancato riconoscimento della posizione dell’uomo nell’esistente: la posizione dell’uomo è medio alta, il male fa credere invece che sia pessima o altissima. Da un uomo non degno di andare in Chiesa a un uomo degno di giudicare Dio. Da un uomo che deve imparare dagli animali come si rispetta la natura a un uomo che ha il diritto di distruggere il creato per profitto. Questi sono tutti eccessi che il concetto teologico di uomo “né angelo né bestia” annulla con le sue conseguenze logiche. La posizione dell’uomo nell’esistente è quindi a un livello medio alto, ma non contempla l’onnipotenza, né nell’atto di giudicare né in quello di operare.
Lo stesso assurdo che porta a considerare la natura “perfetta” , gli animali più intelligenti e bravi dell’uomo, può portare a una ricerca del profitto che vada contro l’uomo stesso; in tal caso si può anche dire che l’uomo ricerca il proprio interesse e non il proprio bene; i peccati contro la natura non esistono, esistono i peccati contro Dio e contro l’uomo creatura di Dio.
Ecco perché un male fatto al proprio prossimo equivale a un male fatto a se stessi, perché nel prossimo è presente l’immagine, e potenzialmente lo spirito, di Dio. Lo stesso non si può dire degli animali e delle piante; fin troppe volte la contemplazione della grazia e della bellezza della natura ha fatto prendere ai contemplanti lucciole per lanterne trasformando così qualcosa di buono in un inganno , dal quale tuttavia chi è in buona fede si svincola bene.
Dire che l’uomo è signore del creato è una frase davvero poco umanistica, nel senso che questa posizione l’uomo la conquista prima di tutto con la sottomissione a Dio. Per concludere vediamo il caso in cui le necessità dell’uomo vadano contro le necessità dell’uomo: dire ad esempio che il lavoro è più importante della vita umana e che vale la pena sacrificare dieci vite umane per creare mille posti di lavoro è un assurdo. Due cose buone per l’uomo non si possono contraddire l’una con l’altra, e la morte certamente ha a che fare con quella cattiva e non con quella buona. Ma rendere conto alla natura senza alcun beneficio per l’uomo è paganesimo puro.
Mi scuso col lettore per aver riproposto dei semplici concetti di catechismo nella speranza di chiarire un tema oggi controverso, che sarebbe in realtà semplice.
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