Dario Fo, il Monte Amiata e il canto bei bei
Musica
di Jori Diego Cherubini
Tutti hanno in mente “Ho visto un re”, il brano scritto da Dario Fo e portato al successo da Enzo Jannacci. Su YouTube si trovano svariate interpretazione dove compaiono, fra gli altri, Adriano Celentano, Giorgio Gaber e Renato Pozzetto
Ma probabilmente in pochi sono a conoscenza del fatto che questo pezzo di satira – elaborato dal Premio Nobel nel 1966 per lo spettacolo “Ci ragiono e canto” – fu ispirato nientemeno che dal bei bei: un canto polivocale tipico della zona compresa tra Grosseto e il Monte Amiata. L’autore, scomparso ieri all’età di novant’anni, arrivò al bei bei dopo una lunga ricerca sulle canzoni folcloristiche legate al mondo del lavoro. Il protagonista di questa storia cantata è un contadino, al quale: «Il vescovo, il re, il ricco, l’imperatore, persino il cardinale, gli han portato via la casa, il cascinale, la mucca, il violino, i dischi di Little Tony … la moglie! … E un figlio militare» – oltre ad avergli ammazzato il maiale.
Nonostante tutto lui, “il villano”, non piangeva, anzi ridacchiava. Ma non perché fosse matto, ma perché: «Sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male al re. Fa male al ricco e al cardinale, diventan tristi se noi piangiam…». Specialmente in quest’ultima strofa si rivedono i canoni di una tradizione che affonda le radici nella Toscana meridionale.
Tra gli ultimi interpreti del genere ci sono i Cardellini del Fontanino: formazione a più voci con oltre sessant’anni di attività, e inizialmente composto da boscaioli amiatini: “Si tratta di un accompagnamento gutturale – racconta il presidente Sergio Magliacani – simile allo Yodel tirolese; è usato per serenate, romanze e canti da osteria. L’origine si perde nella notte dei tempi”. Dallo stesso brano fu ricavato anche un libro, illustrato da Emanuele Luzzati (editore Gallucci). https://www.youtube.com/watch?
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