ABBADIA: Un paese che non comunica è un paese destinato all’irrilevanza

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di Jori Cherubini

Roma, anni ’80. Chi scrive, allora pargolo, ricorda nitidamente una pubblicità a caratteri cubitali e con foto di natura incontaminata, piante sempreverdi e laghi quasi alpini, impossibile da non vedere, fare bella mostra di sé all’entrata della Metro A. La réclame invitava i numerosi passanti a visitare le bellezze di Abbadia San Salvatore e del Monte Amiata. Fui stupito, orgoglioso e meravigliato. Stupito di vedere a Roma un cartellone che parlasse dei miei luoghi, orgoglioso per l’appartenenza e meravigliato, estasiato. Non so come andasse il turismo negli anni ’80, probabilmente meglio di adesso, ma non è importante, erano tempi diversi. Importante è che oggi una cosa del genere sembra impensabile. Non è vero che, come dicono in molti, non abbiamo la cultura della comunicazione, semplicemente l’abbiamo persa per strada. Siamo un paese che difficilmente compare nelle riviste inserto di Repubblica, Corriere della Sera o Sole24Ore, ma nemmeno in giornali meno inflazionati e locali. A volte, molto raramente, arriva dalle nostre parti qualche pioniere dedito all’avventura selvaggia, e riporta ciò che osserva in apposite guide specializzate, magari europee o quant’altro. Tanto che, sempre raramente, talvolta capita di imbattersi in targhe di automobili straniere, olandesi, tedesche!; altrove è la normalità, da noi un’eccezione.

In realtà non esistiamo. I paesi che ci confinano sono tutti – tutti – molto più avanti di noi in termini di comunicazione. Ci investono denaro e il denaro investito in comunicazione nel 2015 torna quintuplicato. L’esperienza de La Postilla - 1.000 visite al giorno – risulta a dir poco eloquente. Alla nostra mail arrivano comunicati di eventi praticamente da ogni paese della provincia di Siena (basti scorrere l’archivio per rendersene conto) ma niente, o pochissimo e sempre su esplicita richiesta, ci giunge da Abbadia. Festa medievale, d’Autunno, Fiaccole, eccetera, non un comunicato, un invito, al massimo una locandina o un calendario scritto in aramaico antico. Al contempo ci arriva il comunicato dell’Infiorata di Farnetella (alzi la mano chi sa dove si trova), della Sagra del crostino di Castiglione e del Museo della Terracotta di Petroio; e sempre, cordialmente, ci ringraziano per la disponibilità.

Non sappiamo cos’è un comunicato, figuriamoci un ufficio stampa. Poi non lamentiamoci se in quanto a cartellone/attrattiva ci superano le Piazze e San Giovanni delle Contee (con tutto il rispetto). Perché, piaccia o no, oggi sono questi i nostri competitor. Non mai Rocca d’Orcia o Castiglione (che ormai fanno campionato a sé, per usare il gergo calcistico), né tanto meno Montepulciano che va bene, ha l’autostrada, ha una cultura letteraria (Poliziano), eccetera, ma ormai è una scusa: le persone si muovono in base all’attrattiva che un paese è in grado di generare e offrire; e l’attrattiva (ammesso che vi sia) bisogna in qualche modo comunicarla. Scrivere sul proprio sito data, evento e descrizione non basta più. Per fortuna ci salva ancora una volta la miniera (“non se ne esce”), ovvero il museo che ogni anno conta migliaia di visitatori. Ma si tratta di un’attrattiva stabile, ferma, che sopra tutto essendo in una zona esterna al centro del paese porta un guadagno relativo e concentrato. Chi vi arriva, spesso in pullman, poi riparte subito e senza passare dal paese. E’ una situazione che forse a qualcuno andrà bene; ma se non capiamo l’importanza – nel mondo d’oggi – della comunicazione, esclusi quei 3 eventi annuali (sempre uguali, quindi alla lunga noiosi), siamo destinati a un futuro di irrilevanza e di confinamento. Poi non lamentiamoci se il Signor Presidente della Regione ci indica come “zona sacrificabile”; la colpa è anche nostra: siamo i primi a non valorizzarci.

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