La Postilla vola in Thailandia. Nona tappa: Bangkok, Koh Samui…
Viaggi
di Antonio Pacini
Thailandia: terra di contrasti. Viaggio nel paese del sorriso
Era vero, tornare da un viaggio simile è vicino al risvegliarsi da una specie di lungo sogno. La Thailandia è un mondo molto diverso dalla realtà alla quale siamo abituati, pieno di sfaccettature belle e brutte ma uniche. L’impatto con la capitale Bangkok per uno abituato all’isolamento e al silenzio del Monte Amiata è traumatico.
La prima cosa che si avverte oltre al caldo è l’odore: un odore mai sentito prima che ti accompagnerà per tutto il tempo, misto di smog, cibi cotti e chissà cos’altro. La seconda cosa che si nota è il caos in tutto, a partire dalle costruzioni moderne che crescono a vista d’occhio in mezzo alle capanne: enormi grattacieli avveniristici sovrastano un mondo antico che ha resistito secoli fino all’impatto violento con la modernità. Questi sono i tremendi contrasti della Thailandia che però diventano motivo dell’ apparentemente insensato fascino della sua capitale. Il cuore di Bangkok è fatto da templi sontuosi antichi di secoli e intrisi di profonda spiritualità, dove a regnare sono la calma e l’armonia.
I contrasti brutti che vedi nel monaco elemosinante per doveri religiosi e poi tira fuori l’I-Pod si compensano ai contrasti belli che vedi nella semplicità e negli occhi vivi e sorridenti della gente in mezzo allo squallore che la circonda. Internamente la Thailandia ospita rovine archeologiche di antiche città distrutte; la vegetazione ormai si arrampica per le consumate colonne e si annida fra le statue del Buddha a simboleggiare l’impermanenza di tutte le cose.
Camminare da soli in luoghi del genere, avvolti dallo strano silenzio che li pervade, è come uscire dal tempo. A nord ci sono le montagne dove vivono le tribù con le loro tradizioni e credenze tutte particolari. Una di queste sono i Kaian, famosi per le “donne col collo lungo” che usano mettersi volontariamente gli anelli al collo fino a comprimere l’addome. I Kaian sono fuggiti dalla Birmania rifugiandosi nella Thailandia del nord ma ormai sono destinati all’estinzione. Per entrare nel loro villaggio bisogna pagare un biglietto includente l’esibizione in balli tradizionali al termine dei quali cercano di venderti tessuti esposti nei banchetti.
Non possono – e non vogliono – più fare a meno dei soldi, così continuano a credere e a fare riti per piacere agli spiriti sacri dei boschi ma non dicono niente difronte alla contaminazione del visitatore pagante che si aggira con i panini e la coca cola per il villaggio. Ormai quegli spiriti sono senz’altro lontani e l’equilibrio si è rotto per sempre. Non distante dal villaggio Kaian si può fare un bellissimo e suggestivo giro in groppa agli elefanti indiani traversando fiumi e penetrando la jungla come in un film. Purtroppo il film non ha lieto fine terminando con il triste spettacolo dei pachidermi per i bambini educati malissimo dai loro genitori.
Da questa esibizione si capisce quante torture abbiano dovuto subire i nobili animali, simbolo della nazione; lo conferma il bastone uncinato dei loro sorridenti aguzzini e la catena di mezzo metro dove vengono legati. La Thailandia rimane indiscutibilmente bella con i suoi tramonti nell’oceano indiano o visti dalla montagna sacra di Chang Mai, con le sue traversate in zattera del Mekong fino a sconfinare nel Laos e ancora con l’immancabile sorriso di tante persone che ti accompagna sempre.
Ma ora è tempo di mare e ci aspetta il volo per l’isola di Koh Samui. La bellezza di quest’isola si esprime più di ogni altra cosa nelle cascate che fuoriescono dall’entroterra in mezzo alla foresta: una immensa quantità d’acqua dolce a pochi metri dall’oceano. Il vicino arcipelago invece è semplicemente uno spettacolo della natura, perciò l’escursione è d’obbligo. Da una specie di traghetto che si ferma a largo si prendono le canoe per esplorare le calette e approdare infine sulla terra ferma. Da qui i più volenterosi potranno scalare un aspro e impervio promontorio per essere ripagati da una visione indescrivibile, soprattutto se si riesce ad arrivare su per primi e in solitaria. Sembra di essere su un albero maestro che domina l’oceano sconvolgentemente blu, al disotto del quale sorgono le tante isole verdissime e lussureggianti. Dietro al promontorio, un laghetto incontaminato di acqua dolce purissima proveniente dall’isola, oggi parco nazionale.
Ripreso il largo con le canoe e raggiunto il traghetto c’è ancora tempo per un tuffo e una nuotata mentre si ammira da più lontano questo paradiso terrestre-marino che sembra ancor più lontano da quella Bangkok così caotica e dalla stessa Koh Samui, così turistica e antropizzata. Invece Samui è inspiegabilmente vicina con i suoi divertimenti e le sue luci ma anche con la cementificazione selvaggia che la sta divorando. Febbraio tra l’altro è il periodo del Full Moon Party nella vicina isola di Koh Pangan: si tratta di una festa sotto la luna piena che si estende sulla spiaggia per oltre un chilometro, alla quale accorrono giovani turisti di ogni nazionalità. Sulle guide è sconsigliata per via degli sballati ma forse perché non sono livellate ai canoni di certi rave nostrani; oltretutto chi si droga in Thailandia rischia fino alla morte.
Per chi cerca divertimento il Full Moon è sicuramente meta da non perdere. Ormai agli sgoccioli non ci resta che spendere gli ultimi bath rimasti per assistere, l’ultima sera, all’incontro di Muay Thai fra campioni locali e stranieri di diverse categorie. Il Muay Thai è sport nazionale e probabilmente uno dei più cruenti che esistono, ma anche lì i contrasti non mancano. Gli sfidanti, prima di picchiarsi a sangue senza pietà, si prostrano davanti alla statuetta della divinità, si fanno inchini e si esibiscono in un balletto sulle note di una musichetta tutt’altro che incitante alla violenza. Siamo giunti alla fine di questa avventura, raccontata così poveramente e a sprazzi. E’ arrivato il momento di tornare a Bangkok per prendere congedo da questo pianeta che si chiama Thailandia, volare verso l’Italia e verso l’Amiata, dalla quale siamo fuggiti volentieri ma dall’inesorabile sollievo quando la rivedi da lontano.
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Copertina/foto: Antonio Pacini