Acquedotto del Fiora, rimborsi lunghi (e sudati)
—P—
di Lucia Romani
Abbadia San Salvatore. All’arrivo della bolletta del servizio idrico, scopro di avere un credito di centosessanta euro nei confronti dell’Acquedotto del Fiora, restituzione sancita (e forzata) da una sentenza della Corte di Cassazione, per somme versate dagli utenti, nel tempo, a titolo di “deposito”, in vista della realizzazione del favoleggiato quanto fantomatico depuratore. È ben noto che queste somme non sono poi andate a tale scopo e che in definitiva, sono state utilizzate dall’Acquedotto del Fiora finendo nell’oblio del proprio bilancio nelle voci dell’attivo. Nelle ultime bollette, il ligio gestore mi ricorda che, in virtù (e per forzatura dico io) della suddetta sentenza, ha nelle sue mani dei soldi miei che è “disponibile” a restituirmeli in vari modi, uno dei quali, a mia scelta posso richiedere venga adottato: utilizzare il credito per pagare miei eventuali insoluti, pagare consumi relativi ad altre utenze o avere liquidata la somma con un assegno.
Dato che ho molto riguardo al consumo dell’acqua (non per tirchieria ma per un principio di oculatezza che tutti dovrebbero seguire), capisco che questi soldi verrebbero assorbiti dai costi delle mie bollette in tempi lunghi, chiamo quindi l’Acquedotto e chiedo che la somma mi venga liquidata con assegno. Capisco da subito che le intenzioni del gestore non collimano con le mie e che i miei soldi li “sgancia” proprio malvolentieri, cercando scuse per un diniego attribuibile a “ritardi di richiesta” che costringono l’ufficio commerciale a non poter prendere in considerazione la mia domanda di restituzione con assegno. All’arrivo della bolletta successiva non mi faccio trovare impreparata. Chiamo immediatamente e dico di aver scelto, fra le tre, l’opzione della restituzione con assegno. Ho da subito la sensazione che l’impiegata del call center, pur in modo molto gentile, stia seguendo un copione che le impone di trovare scuse sufficienti a farmi cambiare idea.
Avevo intuito da tempo che sarebbe stata un’impresa ardua, quindi non mollo e insisto nella mia richiesta. Mi dicono di richiamare dopo una settimana per sapere se (bontà sua) il gestore sarà propenso a soddisfare questa mia richiesta. Per quale ragione? Loro stessi mi propongono questa possibilità, non dovrebbe essere una cosa da valutare. Ha già valutato la Corte di Cassazione, loro dovrebbero solo procedere. Domando anche, dato che ormai sono in vena di polemizzare, se in quella somma sono compresi gli interessi calcolati sul tempo che i soldi sono stati in mano loro. Ovviamente no, mi viene risposto. Chiedo allora: se diversamente fossi stata io a dover dare loro delle somme in sospeso nei miei pagamenti, il gestore cosa avrebbe fatto? Naturalmente mi avrebbe calcolato nella bolletta successiva gli interessi dovuti per il tardivo pagamento.
La trafila delle chiamate è continuata per un paio di settimane o tre, fino alla conferma che era stato disposto il pagamento in data 3 marzo. Aspetto ancora una settimana e dato che non vedo arrivare nulla, chiamo di nuovo per chiedere che fine abbia fatto l’assegno. Mi viene risposto, sempre con la solita gentilezza che alla fine è divenuta pure urtante, che ho capito male, che per il pagamento è stata solo data disposizione alla banca che ha quindi sei mesi di tempo per procedere. La mia pazienza è stata messa a dura prova e mi sono veramente arrabbiata, arrivando a minacciare di mettere tutto in mano al mio legale. Ebbene, dopo quattro giorni è arrivato il tanto sospirato assegno di rimborso. Spero che tutti gli utenti, dopo avere verificato sulla bolletta una situazione analoga, siano disposti a perdere tempo e pazienza come ho fatto io per ottenere il rimborso.
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