Re Ratchis e Granduca Leopoldo. Del perché l’Amiata merita l’UNESCO (parte I)
Abbadia News-La Postilla ha il piacere di ospitare una serie di articoli finalizzati a spiegare i motivi per cui Abbadia San Salvatore, e il Monte Amiata, meritano di entrare nel Patrimonio dell'Umanità (UNESCO). Il secondo scritto, sempre a firma Antonio Pacini, sarà pubblicato sabato 28 dicembre.
«Quando dalla vetta della montagna scivolo con lo sguardo sul grande manto verde, ho l’impressione di accarezzare un prodigioso scrigno dove si conservano memorie millenarie abbarbicate allo strato di lava sceso dalla vetta trecentomila anni fa» (Ernesto Balducci, La montagna incantata).
L’antico vulcano spento della Toscana del sud emerge come un’isola in mezzo a una vasta regione pianeggiante; lo si scorge da molto lontano, dal mare agli appennini, incontrastato dominatore del paesaggio. Essendo appunto una formazione isolata ha dei caratteri geo-morfologici unici che che rendono possibile un clima che influisce sulla vegetazione composta da una eccezionale e sorprendente diversità di specie vegetali. Le specie botaniche riscontrate sono più di 1.300 (il naturalista Giorgio Santi alla fine del ’700 ne descriveva 572, esaltandone già la ricchezza) comprendenti endemismi, cioè piante specializzate ed esclusive di una determinata e ristretta zona; specie rare – tipiche di territori lontanissimi e completamente diversi dai nostri o addirittura mai classificate altrove – e inedite (ricordiamo l’Euphorbia amiatina). Piante dalle esigenze molto differenti fra di loro riescono a trovare le caratteristiche per la propria sopravvivenza nell’ambito dello stesso complesso montuoso; infatti si riscontrano specie a vocazione mediterranea ed altre continentali (una addirittura, la Lonicera coerulea, è tipica delle zone a ridosso del Mar Glaciale Artico!). Delle peculiarità amiatine le ritroviamo anche fra gli alberi, con il pero picciòlo, e addirittura fra gli animali con il sorcino crociato del Monte Amiata. L’importanza ambientale di questa terra è grande ma è anche minacciata da costanti attacchi alle sue risorse; per questo nasce l’esigenza di tutelarla seriamente, al più presto. Dal ventre dell’Amiata fuoriesce acqua calda che dà vita a diversi centri termali importanti come Bagni San Filippo, Bagni Vignoni e Saturnia. La stessa Val D’Orcia (già patrimonio dell’umanità) deve molto alla vicina montagna la quale è al centro del paesaggio che ha reso rinomata questa valle ed è anche il principale serbatoio delle acque che vi scorrono copiose. Un discorso simile si potrebbe fare per la Maremma; e di sicuro il vicino Brunello non sarebbe il vino più pregiato al mondo se i suoi vigneti non godessero di quel particolare microclima dovuto alla vicina presenza del grande vulcano. La risorsa più importante conservata nelle viscere dell’Amiata, oltre al calore, è l’acqua. Infatti il suo bacino idrico è il più grande del centro Italia e riesce a dissetare 700.000 persone. L’acqua che è scesa in grande quantità dalla montagna ha permesso il fiorire di grandi civiltà come quella etrusca, popolo che ha ancora molto da insegnarci e che riusciva a capire a chi era dovuta la propria prosperità – a differenza di tanta gente di oggi – ed è forse per questo che consideravano il Monte Amiata un centro Sacro, nonché dimora di Tinia, loro principale divinità. Il rispetto per il luogo sacro è rimasto fra i romani ed è arrivato al medioevo quando sopra a un albero comparve il Salvatore del Mondo al Re longobardo Ratchis; uno dei pochissimi casi in cui a manifestarsi è Cristo piuttosto che altri santi o la Madonna. Il pio Re dopo tale visione decise di ritirarsi a vita monastica ma espresse la volontà di fondare nel santo luogo dell’apparizione quella che sarebbe diventata la gloriosa e potentissima Abbazia del Santissimo Salvatore. La stessa abbazia che custodì per secoli il codex amiatinus: il manoscritto in latino della Bibbia più antico al mondo, pervenutoci completo di Antico e Nuovo Testamento. L’inestimabile “Bibbia Amiatina” è stata considerata un esemplare autorevole per la Vulgata Sisto-Clementina e si tratta di uno dei testi più importanti della cristianità, quindi dell’umanità. Ci fu portato via a seguito della soppressione del monastero nel 1782 ad opera del Granduca Leopoldo di Toscana; oggi rimane una copia fedele nel museo abbaziale mentre l’antico testo è custodito gelosamente nella biblioteca Laurenziana di Firenze. Antonio Pacini
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