Siamo tutti Charlie? Considerazioni a 10 giorni dall’orrenda strage
—P—
di Giovanni Fabbrini
“...un provocatore offensivo e nichilista non si ferma davanti alle critiche. Non si ferma nemmeno davanti alle minacce di violenza. Bisogna che sia la violenza stessa a fermarlo, altrimenti continua a oltranza come i tarli nel legno…”
Tutti sono sconvolti. Bastava prendere a schiaffi i vignettisti e dar loro quattro calcio – cosa possibile vista l’età e la stazza – e l’evento che monopolizza l’attenzione dei media in questi giorni sarebbe finito in terza pagina, l’opinione pubblica avrebbe dato ragione in prevalenza agli aggressori. Invece no: ai toni alti si risponde con le armi, alle armi con le armi. Difendere la salute del corpo e dell’anima in mezzo a gente che si ammala per rendere onore a Dio e che uccide credendo di compiere la sua volontà ha ancora senso. Anzi è doveroso. A meno che non si creda che Dio ha creato l’uomo per farlo vivere come esule sulla terra e sia tanto più contento se bussa alle porte del paradiso coi teschi degli infedeli.
Ma è comunque un assurdo che un invasato vada giustiziato così, senza minimamente sforzarsi di capirlo, rifilando la solita frittata per cui esiste un islam cattivo e uno buono: non ci prendiamo in giro, se anche così fosse, la gente che dice questo non conosce e non vuol conoscere né il primo né tanto meno il secondo. La questione religiosa non interessa, interessa l’ordine pubblico. Il Financial Times, voce del mondo anglosassone, ha parlato di mancato buon senso da parte dei vignettisti, riconoscendo in questo modo un’umanità ai terroristi e una responsabilità tradita ai giornalisti. Il giornalismo italiano si è affrettato a bollare l’anzidetta presa di posizione come “motivata da interessi” per via della “presenza di investitori musulmani a Londra”. Davvero non si deve guardare alla qualità della libertà, al modo in cui viene usata, ma si può guardare solo se questa è presente o meno? E gli occhi ce li devono aprire gli inglesi, da sempre in politica lontani dagli assoluti, che siano nel tal caso in buona fede o meno?
D’altra parte un provocatore offensivo e nichilista non si ferma davanti alle critiche. Non si ferma nemmeno davanti alle minacce di violenza. Bisogna che sia la violenza stessa a fermarlo, altrimenti continua a oltranza come i tarli nel legno. Per certi versi un fanatico è più comprensibile. A questo punto tra assolutisti della libertà, pronti a difenderla ancor più volentieri quando è irresponsabile, e fanatici della prima ora, quello che viene dato in pasto come uno scontro titanico risulta in realtà uno scenario piuttosto deprimente. E ancora, non bisogna credere che la questione politica sia davvero essenziale: molto spesso è a prescindere dalla politica che l’uomo occidentale ha dato il meglio di sé.
Gesù non ha mai fatto politica. Ha risanato, costruito e amato. Ha portato nel mondo la salute, non la morte. Quella salute che si dà per scontata. Quella salute che se si conoscesse veramente nella sua pienezza finiremmo per amare lasciando perdere ogni altra questione. La sottomissione può essere un mezzo per raggiungere prima e meglio la salute e non un fine.
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