Catalogna è Spagna

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spagna-catalogna-2di Giovanni Fabbrini

Per quanto l’eco della guerra civile spagnola sia effettivamente lontano, non si può non ricordare che la spaccatura tra centro e periferia è in parte un’analogia di quella tra monarchia, o franchismo che dir si voglia, e repubblicani

Una destra atipica quella spagnola, e difficile da capire soprattutto per chi è abituato, come noi italiani, a collegare la destra agli indipendentisti. Altro paese, altra storia!

I moderati liberali e i post franchisti istituzionalizzati (qualcosa di simile si poteva trovare in quella che è stata Alleanza Nazionale dal 1994 al 2008) hanno fatto fronte comune uniti dall’idea di una sola patria, coerenti nell’europeismo e disposti persino a copiare il nome del partito da quello del più noto blocco popolare europeo.

All’origine di tutto fu la “discreta” capacità negoziale di Aznar, la mitezza della componente liberale e la sintonia degli indipendentisti locali spagnoli con la sinistra. In poche parole un Fini con capacità organizzative che domina Berlusconi e non si fa problemi a lasciare alla sinistra il “privilegio” di dialogare con Salvini e salviniani.

“Assurdo quanto sta accadendo in Catalogna. Non si può usare la forza contro donne e uomini che vogliono solo votare. La forza si usa contro i criminali. Al di là di ogni considerazione sulle ragioni e i torti di questo scontro politico io sto con le urne!” Così il presidente della Liguria Toti nel suo stato su Facebook del 1 ottobre.

Intanto la Lega cavalca in certo modo le ragioni indipendentiste, unico appiglio con la realtà la presenza sul fronte indipendentista di moderati alla ricerca di maggiore equità nel trattamento (ma non sarebbe meglio chiedere il federalismo fiscale?). In effetti tra i privilegi difesi dal partito di Mariano Rajoy oltre al costo per mantenere monarchia e palazzo reale permangono le pensioni e gli stipendi agli statali delle regioni meridionali, notoriamente concepiti come figure parassitarie dal resto della società spagnola.

In altre parole si è europeisti là dove l’Europa e in specie i suoi schieramenti parlamentari maggioritari non hanno motivo di vedere di buon occhio spontaneismi da corpo intermedio, figurarsi la nascita di un nuovo stato.

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